Tiago, il ruolo del match analyst non è ancora molto chiaro. Cosa fa veramente un match analyst? Tiago Leal
: «Un analyst, come viene chiamato solitamente, considerato il crescente numero di informazioni suddivise nelle diverse aree, gli allenatori hanno ritenuto di dover ampliare il proprio stafcon specialisti che potessero aiutare con il lavoro che è impossibile fare per conto proprio oggi, per via della complessitàe del numero di aspetti su cui un allenatore deve lavorare. In sostanza faccio quello che Paulo faceva molti anni fa con Nuno, ossia analizzare gli avversari. Io coordino il dipartimento che abbiamo creato alla Roma quando siamo arrivati. Abbiamo due persone che lavorano sull’analisi degli avversari e io sono il responsabile. Io analizzo anche la nostra squadra e le nostre partite. Lo faccio in modo da alleggerire il lavoro di Paulo e Nuno. Nuno ha altre responsabilità. Io svolgo l’analisi qualitativa e quantitativa della partita e dei nostri avversari, che poi trasmetto a Paulo e a tutto lo staff tecnico, così che possiamo parlare di cosa sta andando bene e cosa sta andando male e gli aspetti in cui dobbiamo migliorare. In generale, questo è quello che fa un analyst nel calcio moderno».
Nuno, tu e Paulo avete qualcosa in comune: entrambi siete ex difensori e avete iniziato le vostre carriere all’Estrela Amadora nel 2005. Da allora hai lavorato in quasi 10 club e ora sei alla Roma. Il vostro viaggio insieme dura da quasi 15 anni. Come vi siete conosciuti? Nuno Campos: «Ci affrontavamo da calciatori nella massima serie portoghese e avevamo alcuni amici in comune, uno dei quali è Quim Ze, il direttore sportivo di un club portoghese di seconda divisione. In occasione del suo compleanno ci trovavamo, insieme alle famiglie. A volte parlavamo di calcio perché i calciatori solitamente parlano di calcio anche fuori dal campo. Vedevamo che andavamo d’accordo su molte cose e vedevamo il gioco in maniera simile. Quando Paulo ha aveva bisogno di un assistente nelle giovanili dell’Estrela Amadora, Quim Ze e Paulo hanno parlato, poi Paulo mi ha chiamato e quindi ho iniziato a lavorare con lui. È stato grazie al nostro comune amico, Quim Ze».
Qual è il segreto di questo matrimonio perfetto che dura da 15 anni? Nuno Campos: «Innanzitutto, non è facile per Paulo sopportarmi. Paulo ha la pazienza di un santo con me e questo, ovviamente, rende le cose molto più semplici. Paulo è una persona con cui è molto facile lavorare.Ascolta e fa esprimere le nostre opinioni, il che ci rende felici, significa che siamo importanti per lui. Ovviamente la decisione finale spetta a lui, ma ascolta volentieri il nostro punto di vista. Per questo è un piacere lavorare con lui. Non è frequente che un capo allenatore ascolti sempre le opinioni degli assistenti, ma lui lo fa con naturalezza, non solo con noi, anche con gli altri, è una persona molto aperta e vuole ascoltare le opinioni di tutti, per prendere sempre le decisioni migliori per la squadra. Paulo ci ascolta sempre, e per noi è positivo, perché rende il nostro lavoro importante. Penso che le nostre opinioni gli siano d’aiuto».
Tiago, dal mondo dei videogame e di un canale YouTube, dove eri un esperto in qualità di appassionato di calcio, ad analyst per una delle squadre più importanti d’Europa. Come hai conosciuto Fonseca? Com’è successo? Tiago Leal: «Ho già raccontato diverse volte questa storia. È una storia interessante. Sembra quasi un film, per il modo in cui è successa. A differenza di Paulo e di Nuno, io non ero un calciatore, ma ero un appassionato di calcio, mi era sempre piaciuto, come a gran parte dei ragazzi. Mi piaceva anche giocarci, ma sebbene non avessi una carriera da calciatore, la mia ambizione era crearmi un giorno una carriera nel calcio di alto livello. Cosa ho fatto? Nella mia testa ho tracciato un percorso. Se non facevo il calciatore e non entravo nel mondo del calcio in quanto calciatore, qual era un altro modo per entrarci?».
Avevi pianificato tutto! Tiago Leal: «Esatto. Avevo pianificato tutto. Ho fatto un corso all’università e mi sono laureato in scienze sportive».
Quindi c’è un corso di laurea per fare questo lavoro… Tiago Leal: «Esattamente. Ho fatto un corso e nel frattempo ho iniziato ad allenare. Ho iniziato a livello locale, allenando nei campionati regionali portoghesi. Durante quel periodo, mentre allenavo nei campionati regionali, ero consapevole che i grandi club non perdevano tempo a guardare quelle partite, quindi come potevo farmi notare in quel settore? Poi ecco i social media, uno strumento di comunicazione molto potente che ci consente di raggiungere luoghi che erano impossibili da raggiungere 15 o 20 anni fa, perché, appunto, non era possibile. Un video che posti qui può arrivare in Brasile, in Angola o in Cina».
In tutto il mondo… Tiago Leal: «Esatto. Ho iniziato a fare video delle mie squadre, e analizzato anche le migliori squadre del mondo. Facevo questi video e li postavo. Nei nove anni passati nelle leghe minori, ho avuto la possibilità di incontrare molte persone grazie a quei video, uno di quei video è arrivato a Nuno e a Paulo, così come a molti altri. L’hanno guardato e l’hanno trovato molto interessante: “Ci piace”. La cosa interessante è che erano appena andati al Porto, quindi il mister era ai massimi livelli del calcio portoghese.Mi trovavo a casa di mia madre quando ho ricevuto la chiamata di Paulo Fonseca. Prova a pensare, Sara, un allenatore dei campionati regionali che riceve una chiamata da qualcuno che dice di essere Paulo Fonseca. Non ci crederesti! “Ciao, sono Paulo Fonseca!”: pensavo fosse un amico in vena di scherzi. Ma no, era davvero lui! Abbiamo organizzato un incontro con lui, Nuno e Pedro, che era al Paços de Ferreira, la leggendaria squadra con la quale si sono qualificati miracolosamente alla Champions League, una cosa che ancora oggi pochi si spiegano in Portogallo. Come ha fatto una squadra portoghese di medie dimensioni a ad arrivare in Champions League? Sono andato con Paulo al Paços per un incontro e dopo due ore Paulo ha detto, “Tiago, voglio che tu faccia parte del mio staff”».
Hai fatto colpo! Tiago Leal: «Esatto. Per poco non avevo un infarto! Ero felicissimo, stavo realizzando un sogno per il quale avevo lavorato nell’ombra nei 10 anni precedenti: su internet, su Facebook e con le mie squadre su campi pieni di fango. Il duro lavoro e quello che ho investito, avrebbero dato dei frutti un giorno, ero convinto che mi avrebbero portato da qualche parte, e mi hanno portato dove sono oggi».
Cosa prevede il tuo lavoro? Nuno Campos: «Ad esempio, quando dividiamo in due la squadra, Io faccio un esercizio con uno dei due gruppi mentre Paulo lavora con l’altro. I compiti quotidiani includono gli esercizi in cui Paulo lavora sull’aspetto offensivo mentre a noi viene detto di concentrarsi sulla difesa. Ogni giorno abbiamo dei compiti a seconda degli esercizi che facciamo. Fa parte del lavoro dell’assistente. Dalla panchina, ad esempio, guardo alle zone del campo lontane dalla palla, mentre Paulo, ovviamente, guarda il pallone. Guardo i giocatori che devono essere pronti in caso di palla persa, il mio lavoro è legato solitamente a questa situazione. Parlo con i giocatori lontano dalla palla. Cerchiamo di dividerci i compiti.Paulo guida gli esercizi e quando ci dividiamo, abbiamo ciascuno delle aree su cui concentrarci. Fa parte del nostro lavoro. Come ha detto Tiago, è lui il responsabile, poi c’è l’analisi e Paulo partecipa a quella della nostra squadra, mentre io faccio altrettanto con gli avversari, un lavoro più difficile. Dopo le discussioni sugli esercizi che faremo in campo, o le discussioni su di noi o sui nostri avversari, l’intero staff tecnico propone dei punti di discussione affinché l’allenatore abbia più informazioni per prendere le decisioni Ovviamente, Paulo prende le decisioni migliori per la squadra».
Nella gara con il Cagliari, Paulo è stato espulso, quindi tu hai dovuto guidare la squadra contro la Sampdoria… Nuno Campos: «È una situazione che avevo già vissuto. Gli allenatori possono venire squalificati per diversi motivi era già successo in Portogallo quando allenavo, più di una volta. È una situazione che sono perfettamente in grado di gestire. Sono le idee di Paulo e come staff remiamo tutti nella stessa direzione per quanto riguarda l’idea di squadra, indipendentemente dall’avversario. Per questo per noi cambia poco nel modo in cui vediamo la partita. È come se Paulo fosse lì. Certo, per noi è fondamentale che Paulo sia lì con noi ed è anche importante per tutti i giocatori. È un gioco di risorse quello a cui gioca Paulo, ma io cerco di trasmettere il suo messaggio, affinché i giocatori pensino che in panchina ci sia lui. Ovviamente, io non sono Paulo, Paulo è il nostro leader. È lui che vogliamo a bordocampo e ci manca quando è assente. Ma in caso di necessità, tocca a me. non c’è problema».
Ci deve quindi essere un rapporto di fiducia tra l’allenatore e il proprio assistente… Nuno Campos: «Certamente. Rappresenta un sostegno. Sicuramente. Penso che ci sia un rapporto di fiducia all’interno di tutto lo staff, perché abbiamo un modo di lavorare insieme, tutti i giorni, che trasmette fiducia all’allenatore perché diciamo la nostra e aggiungiamo dettagli alla discussione. Sa di potersi fidare di noi e sente questa fiducia. E noi sentiamo che lui ci dà fiducia Paulo rende tutto più facile, per come è fatto e per la fiducia che instilla in noi quotidianamente e questo vale anche per i calciatori».
Puoi raccontarci cosa succede nel giorno della partita? Tiago Leal: «Durante le partite, come ha detto Nuno, abbiamo tutti dei compiti specifici. Nuno ha detto che dalla panchina osserva uno specifico gruppo di giocatori. Perché Paulo è concentrato…».
Tu non ti siedi con loro? Tiago Leal: «No, guardo la partita dalla tribuna, da una posizione elevata e favorevole. Quando guardi una partita da una posizione elevata, hai una visione della gara che chi siede in panchina non ha. È un grandissimo vantaggio. Per fortuna oggi, grazie ai progressi tecnologici, possiamo fornire i video ai ragazzi in panchina. Possiamo condividerli con loro. Per far vedere cosa accade da una prospettiva migliore Utilizziamo tecnologie all’avanguardia che per noi sono cruciali. Ma le cose non erano così ed è per questo che mi siedo lì in alto e sono in contatto con la panchina attraverso la radio…».
Con chi comunichi? Tiago Leal: «Comunico con Nuno. E anche Pedro è collegato al sistema, ma Pedro osserva più i giocatori che entreranno o meno. È uno dei suoi compiti. Nuno e io parliamo più del gioco della squadra – quello che stiamo facendo bene e meno bene. Magari l’avversario cambia qualcosa e io lo segnalo. Potrebbero già averlo notato, ma a volte non è così, perché si trovano a livello del campo. E sono cose talmente sottili che solamente chi sta seduto in alto riesce a notarle. Quindi io passo informazioni dall’alto alla panchina, affinché loro possano prendere decisioni consapevoli».
Quante ore passate ad analizzare gli avversari e la partita? Tiago Leal: «Molte! Paulo ci ha scelto per questo. Ci sono solamente 24 ore ogni giorno e lui ha già molte cose su cui lavorare. Non ha molto tempo. È impossibile a questo livello… Solitamente, una partita dura 90-95 minuti e generalmente ci metto il doppio del tempo per analizzarla Tre ore. Per quanto riguarda le nostre partite, mi ci vogliono generalmente tre ore per analizzarle. Quindi dobbiamo analizzare gli avversari ed è per questo che abbiamo creato il dipartimento ed è per questo che quest’anno abbiamo aggiunto un altro componente, Luis. Lavora con Ricardo nel dipartimento match analysis della Roma. Per quanto riguarda gli avversari, analizziamo dalla tre alle cinque partite. Facendo i calcoli, sono tre ore a partita per cinque, quindi 15 ore in totale».
Quante partite analizzate ogni anno? Tiago Leal: «È davvero difficile rispondere! Mettiamola così. La Roma gioca 50 partite in una stagione, forse di più. Moltiplichiamo 50 partite per quattro, il numero medio di partite per ogni avversario, quindi analizziamo quattro partite per cinquanta – sono 200 partite degli avversari analizzate. Solo per gli avversari. Poi analizziamo la nostra, di squadra. Analizzo le nostre partite. Giochiamo circa 50 partite. Quindi possiamo giocarne fino a 250. Ma possono essere di più, le sorprese non mancano mai»
Ti addormenti e pensi al calcio, quando sogni, sogni calcio. Mentre mangi pensi al calcio… Tiago Leal: «È proprio così. Qualche giorno fa ho fatto un discorso e ho detto che siamo fortunati, perché siamo pagati per fare quello che ci piace. È la verità. Lavoriamo in un settore che ci piace. Chi lavora nel calcio, soprattutto ad alto livello, tende ad avere una caratteristica fondamentale: l’etica del lavoro. Perché lavoriamo, soprattutto in questo periodo, ma non c’è molta differenza perché è tutta la stagione che giochiamo tre partite a settimana. Puoi solo immaginare la mole di informazioni»
Come gestite ora tutte queste partite in rapida successione? Tiago Leal: «È una corsa contro il tempo. Alcune notti non dormi, o dormi 2-3 ore. Dobbiamo ottenere dei risultati. Siamo qui per aiutare, per fare la nostra parte. È il nostro ruolo e dobbiamo aiutare Paulo. Così Paulo può dormire 2-3 ore più di noi. È importante che lui sia lucido, perché è lui che prende le decisioni. Mi piace guardare il calcio, quindi non è una punizione. Non lo vedo come un lavoro. Per me è un divertimento».
Nuno, sei un po’ preoccupato dal fatto che ora giocate tra volte a settimana? Come affronti la questione Nuno Campos: «Cerchiamo sempre di vedere il lato positivo. Non sarà di certo semplice, perché ci sono sempre quelli che faticano a giocare ogni tre giorni. Ci sono i viaggi, la stanchezza e tutta una serie di situazioni complicate da gestire. Ma noi guardiamo sempre il lato positivo. Guardiamo sempre l’avversario come la squadra da battere nella partita successiva. Questo è il modo in cui guardiamo alle cose. Guardiamo alla preparazione di cui abbiamo discusso in precedenza come un modo per vincere la partita successiva. Tutti i giocatori sanno quanto crediamo in loro. Abbiamo molta fiducia, crediamo nel nostro modo di lavorare, crediamo al piano partita, al lavoro che facciamo su base quotidiana e questa fiducia viene poi trasmessa ai giocatori. Crediamo fermamente nel lavoro che facciamo, nel lavoro che fanno i giocatori e vediamo anche che i giocatori hanno fiducia in noi. Tutto lo staff che lavora con noi…non soltanto lo staff tecnico…entiamo di avere la loro fiducia. Si nota che ognuno assolve ai propri compiti. Sono tutti pronti ad aiutare, anche per le piccole cose. Questo ci dà fiducia e noi trasmettiamo poi questa fiducia ai giocatori in vista della partita. Approcciamo le partite così – in questo caso quella contro la Sampdoria. Indipendentemente dall’avversario, trasmettiamo sempre fiducia ai giocatori»-
Una domanda, sono curiosa. Com’è possibile che tu e Paulo, due ex difensori, proponiate un calcio così offensivo? Nuno Campos: «Io ero un terzino, Paulo era un difensore centrale. Forse è perché da difensori non ci piaceva passare troppo tempo a difendere salivamo per poter avere di più la palla e per poter difendere meno, e attaccare di più! Ci piace avere il possesso della palla e controllare la partita con il pallone tra i piedi. Vogliamo affrontare l’avversario facendo gioco e cerchiamo sempre di costruire».
L’opinione di Tiago è importante a riguardo? Nuno Campos: «Certo. Lo è, certamente. Gran parte del lavoro che facciamo è con la nostra squadra e nell’analisi della nostra squadra. Quindi, gran parte del lavoro che facciamo è sulla fase offensiva. Più di quella difensiva, alla quale guardiamo, ovviamente, perché dobbiamo essere più completi possibili come squadra. Se riusciamo a padroneggiare ogni aspetto del nostro gioco, saremo una squadra completa e migliore. Ma passiamo più tempo a lavorare sull’aspetto offensivo che su quello difensivo. Per questo siamo una squadra votata all’attacco, che cerca di attaccare l’avversario, per questo abbiamo più possesso e vogliamo consolidare queste idee. Le consolideremo con il tempo e la squadra sarà più pericolosa, più offensiva, dominerà le partite, questa è la nostra idea. Forse è perché siamo stati difensori e abbiamo passato più tempo a difendere!».
Vogliamo essere aggressivi!… Nuno Campos: «Era così e ora spingiamo i giocatori a essere positivi. Vogliamo essere positivi e questo è quello che vogliamo trasmettere ai giocatori»
Qui abbiamo un campo da calcio. Facciamo finta che sia un campo. Quale pensi che sia la formazione perfetta? Qual è il sistema che vi salva quando la squadra non è in forma e le cose vanno male? Questi sono i giocatori e questo è il campo. Tiago Leal: «È una buona domanda e innanzitutto prendo l’oggetto più importante che troviamo su un campo da calcio. La palla. Ci piace giocare così. In profondità nella metà campo avversaria, Siamo in possesso. Paulo lo ha ripetuto più volte. Ci sono due o tre cose che caratterizzano il nostro DNA, e in cui crediamo. Sono cose che il gioco, i giocatori, l’allenatore e il club promuovono. Per fare in modo che i tifosi si appassionino alla squadra, che la squadra possa imporre il proprio gioco, la propria idea di calcio e che possa dominare l’avversario. Paulo dice spesso che ci piace giocare nella metà campo avversaria perché comporta molti vantaggi. Uno di questi è un percorso più breve per provare a segnare perché abbiamo il possesso nella metà campo avversaria. Inoltre, è più difficile subire gol, perché la nostra porta è lontana. È importante, perché quando l’avversario riconquista palla, si trova a 70 o 80 metri dalla porta, quindi devono fare molta strada per poter segnare. Ovviamente, quando cercano di arrivare importa, noi vogliamo riconquistare la palla. Ma, come ha detto Nuno, questo non significa essere troppo zelanti oppure non curare la fase difensiva di squadra. Ma quando perdiamo il possesso, vogliamo riconquistare palla alti. Non vogliamo che riescano ad arrivare qui.. Per questo la difesa per noi è cruciale e questo lo abbiamo dimostrato in passato. Recentemente, abbiamo avuto la miglior difesa del campionato. Generalmente le nostre squadre non subiscono molti gol. Ma è un punto interessante su cui discutere. Poiché l’allenatore ha una mentalità così offensiva, le persone pensano subito: “Pensano solo ad attaccare, e non a difendere, oppure fanno fatica in fase difensiva”. Non è così. Noi vogliamo essere una squadra completa.Vogliamo sapere come giocare al limite dell’area di rigore avversaria,ma anche vicino alla nostra area di rigore. Sara, la tua domanda era, “Come vi piace giocare, qual è il vostro sistema?” Questo è il nostro sistema».
Paulo ha detto che voi siete i suoi occhi e che riuscite a vedere in partita quello che vedrebbe lui. E questo è quello che vedrebbe, vero? Tiago Leal: «Sì, c’è un detto: “Sono più le cose che ci uniscono rispetto a quelle che ci dividono”. Non devo aggiungere altro».
FONTE: asroma.com