Un passo alla volta, ma sempre un passo avanti, la Roma vince la quindicesima delle diciotto partite giocate sin qui in Serie A contro squadre dall’ottavo posto in giù (in assoluto la decima in casa su quattordici giocate), arriva a 50 punti (cinque in più rispetto alla 26ª giornata dello scorso anno, l’ultima prima del lockdown e dello stop) e si ripiazza al quarto posto e in zona Champions, un punto sopra l’Atalanta che stasera renderà visita all’Inter capolista, in ogni caso lasciando la Lazio dietro di sette punti.
C’è voluto un gol di Mancini a metà del primo tempo, su splendido calcio d’angolo battuto da Pellegrini (al sesto assist stagionale, più quattro gol: niente male per uno che vogliono far passare come poco incisivo), per vincere le resistenze di un avversario che ha avuto comunque il merito di non abbassarsi a fare barricate, ma che ha comunque costruito troppo poco per pensare di non uscire sconfitto dall’Olimpico.
Ma oggi far gol alla Roma è diventato complicato, soprattutto se a vigilare al centro della difesa è tornato, e in piena forma, Chris Smalling, il più esperto e più affidabile tra i difensori giallorossi, tanto da far giocare meglio anche i suoi compagni di reparto, sia Cristante, per la prima volta impiegato da centrale di sinistra, sia Mancini, impeccabile dietro e assai insidioso davanti (oltre al gol ha anche chiuso un’azione da centravanti sfiorando la doppietta). Una bella soddisfazione per Fonseca che sta sfruttando l’abbrivio positivo del calendario (prossima a Parma) e si presenta allo scontro in Europa League col suo Shakhtar con una squadra matura e convinta dei propri mezzi.
Che il Genoa non fosse un avversario facile del resto lo testimoniava già il curriculum di Ballardini da quando, sotto Natale, aveva assunto le redini della squadra da Maran. E il campo ha dimostrato la coriaceità quanto meno difensiva con questo schieramento di otto uomini stretti e compatti con i tre centrali più rodati ed esperti (Masiello, Radovanovic e Criscito), con Ghiglione a destra e Zappacosta a sinistra, e tre centrocampisti di sostanza come Zajc, Badelj e Strootman, la vecchia lavatrice riciclata da Preziosi (in tribuna a qualche poltroncina di distanza dai Friedkin) che ripulisce palloni come una volta con un raggio d’azione più ristretto però rispetto ai tempi di Garcia, e davanti Destro e Pjaca, attivi ma confusi e mai pericolosi.
Fonseca alla fine aveva scelto di far riposare Mkhitaryan invece di Mayoral, confermando però la scelta del tridente inedito con Pedro ed El Shaarawy alle spalle del centravanti, e Diawara confermato con Pellegrini vice Veretout, e la novità di Cristante spostato braccetto di sinistra per far posto a Smalling centrale, con Mancini sul centrodestra, mossa tesa a garantire maggior protezione vista la naturale propensione di Pjaca e Destro a muoversi soprattutto sugli sviluppi delle giocate sinistre.
E da lì sono arrivati gli unici rischi corsi dalla Roma nel primo tempo, con un paio di giocate di Zappacosta culminate prima con un sinistro alto di Zajc e poi con Mancini e Karsdorp chiamati ad uno sforzo supplementare per contenere l’esterno ex romanista. Ma la partita l’ha fatta ovviamente la Roma, arrivata al tiro forse senza la giusta precisione (11 tiri nel primo tempo, solo 3 nello specchio), ma con costanza. Forse solo le pressioni offensive andrebbero riviste visto che spesso i giallorossi arrivavano con un tempo di ritardo. Ma nello sviluppo offensivo, e nei calci piazzati, le cose hanno funzionato assai meglio. (…)
FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco