A volte il termine leggenda vivente’ è abusato, mentre in altri casi quasi non rende l’idea della grandezza di uno sportivo. Giacomo Losi, ‘Core de Roma’, è stato il capitano dell’ultima (nonché unica, almeno fino al 25 maggio) Roma capace di vincere un trofeo internazionale. Dalla Coppa delle Fiere 1961 è passata una vita, ma l’affetto che il popolo giallorosso ha riservato e riserva tutt’oggi al difensore nato a Soncino, provincia di Cremona, è rimasto immutato.
Quali sono le sue sensazioni per Tirana? “Col Feyenoord non sarà facile: gli olandesi hanno una signora squadra, abituata a giocare su certi palcoscenici. Il nostro punto debole è che a volte i giocatori non credono nelle loro possibilità. Non vincere trofei da 14 anni pesa”.
L’Olimpico contro il Leicester l’ha colpita? “Quando eravamo una ‘Rometta’, lo stadio era pieno. In Italia nessuno ha un tifo come quello giallorosso”.
Cosa pensa di Mourinho? “Di trofei ne ha vinti, ha carattere e sa imporsi alla squadra. Non so se sia l’allenatore giusto per la Roma, mia opinione. È un po’ presuntuoso, ma ognuno è fatto a modo suo”.
Cosa ricorda della Coppa delle Fiere vinta contro il Birmingham City? “Che l’abbiamo vinta noi giocatori, alla società non gliene fregava niente! A volte non volevano neanche pagarci il premio partita. Nel 1961 era un calcio più amatoriale: il tecnico contava fino a un certo punto”.
Che effetto le fa pensare che forse non sarà più l’unico capitano di una Roma vincitrice in Europa? “Sarei contento: sono uno dei primi tifosi, anche se non sono nato romano è come se lo fossi. Grazie alla Roma ho potuto giocare contro Alfredo Di Stefano: neanche Pelè era al suo livello”.
Tra i giovani chi le piace? “Zalewski deve ancora imparare certe cose, ma mi sembra una grande promessa. Mourinho ci ha visto bene a cambiargli ruolo. Zaniolo è uno che non molla mai: ha talento, fisico, tutto per essere un grandissimo. E ora non diamo via i migliori”.
Pellegrini rappresenta la romanità della squadra… “Lorenzo è bravo, ma dovrebbe essere più continuo: potrebbe diventare un campione. Poi è romano, la maglia la sente di più”.
Le dispiace non aver mai avuto un ruolo nel club? “Molto, penso che avrei dovuto far parte della Roma a vita. Ma non mi è mai stato chiesto nulla, e non ho ricevuto la stessa generosità che invece ho mostrato io. Ma ho ricevuto l’affetto dei tifosi: quando entravo in campo e guardavo la Curva Sud, mi si riempiva il cuore”.
FONTE: Il Messaggero – G. Rossetti
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