Per la storia. Della Roma, che stasera può tornare a vincere un trofeo dopo 14 anni di digiuno, mettendo in bacheca la prima Conference League. Di Mourinho, pronto a diventare l’unico tecnico al mondo a conquistare un titolo europeo in quattro club diversi. Alla vigilia della finale con il Feyenoord nell’Arena Kombetare di Tirana (fischio d’inizio ore 21, diretta tv in chiaro su Tv8 e in streaming su Dazn) il più atteso, osservato, fotografato, circondato è ovviamente il portoghese.
Ma è un Mourinho diverso da quello di Leicester, più serio, pacato, anche se le battute non mancano. «Questo – spiega in sala stampa – è il mio modo di essere, sono solo concentrato. L’esperienza non aiuta, pensavo di sì invece mi sento come se fosse la mia prima finale».
L’obiettivo è chiaro. «Con il Torino abbiamo conquistato l’obiettivo che meritavamo e puntavamo, entrare in Europa League, ma non abbiamo scritto la storia. Quello si fa vincendo la coppa e dobbiamo dare tutto». Annuncia la presenza di Mkhitaryan – «mi ha detto che si sente bene, mi fido della sua esperienza quindi è a disposizione» – e ammette che ormai non c’è molto altro da insegnare alla squadra.
«Quando arrivi all’ultima partita della stagione il lavoro è fatto, con lo staff ci siamo chiusi dentro Trigoria da sabato ma non c’è nulla da aggiungere in questi giorni: sarà il giorno dei giocatori. Non credo a pozioni magiche, non c’è nulla di speciale che io possa fare». Neanche riti scaramantici. Anzi, «litigo con chi li fa. Mi hanno chiesto se preferivo giocare con la maglia nuova o vecchia e ho detto che non mi interessa. I maxischermi all’Olimpico portano male? Se la Roma ha perso una finale in passato non è certo per quello».
L’Albania lo ha accolto da star, «non come all’arrivo in Olanda per il Vitesse dove ci hanno tenuti fermi due ore in aeroporto. Forse – scherza Mou – pensavano che fossimo dei criminali. Qui tifano per noi perché c’è Kumbulla, peccato solo che lo stadio non possa contenere 50-60mila tifosi». E se dovesse andare male? «Per me sarebbe comunque una stagione positiva». Storica, in ogni caso.
FONTE: Il Tempo – A. Austini
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