Troppo bello, troppo giusto, troppo magico. La Roma scrive il suo nome nella storia del calcio europeo e alza nel cielo di Tirana la coppa della prima Conference League. Il trofeo che mancava da 14 anni lo porta, non a caso, l’allenatore che più di qualsiasi altro al mondo sa vincere ovunque. In ogni modo, qualsiasi competizione.
Il capolavoro di José Mourinho è aver riconsegnato al calcio italiano una coppa europea dopo che lui stesso aveva vinto l’ultima all’Inter. Dal Triplete nerazzurro alla liberazione del popolo romanista da una frustrazione, finalmente a Trigoria entra un trofeo Uefa, quasi sessant’anni dopo la Coppa delle Fiere che però era solo un antipasto della Coppa Uefa.
Il Feyenoord si arrende dopo aver combattuto e in cassa proprio in finale la prima sconfitta in tutto il torneo, iniziato con due turni d’anticipo rispetto ai giallorossi. La dura legge del calcio, dove un dettaglio può decidere tutto e stavolta è racchiuso nello «scavetto» di Zaniolo al 32’. Un gol che entra nella leggenda romanista e basta per portarsi a casa la coppa.
Mourinho lo ha spiegato alla vigilia, quando si arriva alla finale non c’è più molto da inventarsi. E allora dentro la formazione- tipo, la stessa di Leicester, col «presunto» recuperato Mkhitaryan titolare in mediana al fianco di Cristante e Zaniolo trequartista insieme a capitan Pellegrini dietro Abraham. Ma la partita dell’armeno dura quindici minuti, la fitta alla coscia già infortunata arriva prima del previsto e deve entrare subito Oliveira.
La mezzora iniziale è il tipico spartito di una finale. Match teso, le squadre si rispettano e si studiano, il Feyenoord gestisce il pallone e difende alto, la Roma prova a recuperare il possesso e innescare i suoi giocatori offensivi. Piano piano, allontanata la paura di sbagliare, inizia a vedersi la differenza di qualità degli interpreti.
Il vantaggio giallorosso arriva sostanzialmente alla prima occasione da gol della partita, un’azione manovrata della Roma: Pellegrini ha l’intelligenza di scaricare indietro a Cristante il pallone restituitogli da Zalewski, Mancini riceve dal compagna e innesca l’inserimento di Zaniolo, che segna «di rapina» sfruttando il salto a vuoto di Trauner, l’anello debole della difesa olandese ammonito poco prima.
Mourinho da vecchio saggio calma la panchina esultante ma la gara è ormai accesa. Pellegrini prende il giallo nella lite scatenata da Dessers, la Roma aumenta la pressione, il Feyenoord ci prova col temuto Kokcu ma Rui Patricio para pur «incartandosi» un po’. L’ultimo brivido del primo tempo è un corner olandese, i giallorossi rientrano negli spogliatoi con un vantaggio prezioso.
Nella ripresa, pronti via, il Feyenoord ha l’occasione immediata per il pari per due volte nella stessa azione ma il palo e una gran parata di Rui Patricio salvano la Roma. Il portiere portoghese si ripete subito con un miracolo vero, deviando all’incrocio il tiro di Malacia. Segnali di una serata che deve finire bene. Slot mette dentro Toornstra, Mourinho risponde togliendo Zaniolo e Zalewski per Veretout e Spinazzola.
L’obiettivo è rinforzare il centrocampo e coprire meglio la fascia sinistra, dove stavolta il ragazzino italo-polacco ha sofferto un po’.Tocca a Pellegrini avanzare accanto ad Abraham, la partita si gioca sui nervi, con un monumentale Smalling in difesa. Un tiro di Veretout è la boccata d’ossigeno in mezzo alla sofferenza di una Roma che ormai pensa solo a difendere, poi la palla per chiuderla capita a Pellegrini ma Bijlow para.
Entrano anche Shomurodov e Viña per gli stremati Abraham e Karsdorp. In pieno recupero il subentrato Linssen si divora il pareggio mentre ai romanisti passa tutta la vita davanti. Non c’è più tempo, al 95’ il romeno Kovacs fischia e fa esplodere insieme l’Arena Kombetare e l’Olimpico di Roma. Può iniziare la festa. Sarà lunghissima e stupenda.
FONTE: Il Tempo – A. Austini
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