È la Roma di Mourinho, di Zaniolo, di Pellegrini, di Abraham, lo è stata di Totti, di Bruno Conti e Pruzzo. È ancora la Roma di Paulo Roberto Falcao, l’ottavo Re di Roma. Il “52 non ha dimenticato il suo passato, anzi. Ha vissuto la finale di Conference come se fosse la sua. E avrebbe voluto esserci. A Tirana. O all’Olimpico. Per abbracciare il popolo giallorosso. Farne parte.
Come ha visto la finale di Tirana? “È stata dura. La Roma è riuscita a difendersi, Mourinho lo sa fare bene. Il Feyenoord ha tenuto molto il pallone, ha avuto delle occasioni, ma la Roma è stata più solida. Partita difficile, molta agguerrita. Ma meritata”.
Mourinho pragmatico? Qualcuno ha paragonato la partita a quella semifinale di Champions dell’Inter a Barcellona… “Allora fu diverso, ben diverso. Inter in 10, tutti dietro. Eto’o da una parte, Milito dall’altra, Sneijder un po’ più avanti, ma tutti lì a difendersi. La Roma invece ha anche attaccato. Ha avuto delle opportunità con Pellegrini ad esempio, con Abraham. Non vedo grandi paragoni con quella semifinale del 2010. Anche perché allora l’avversario era il Barcellona, questo Feyenoord si è dimostrato una squadra lenta nella transizione. E questo ha aiutato la Roma a chiudersi”.
Mourinho diventa l’unico allenatore a conquistare le tre attuali coppe europee… “Quando è arrivato ho detto che la Roma stava ingaggiando uno che ha fatto la storia. Sì, Mourinho è pragmatico. Ma se può vincere con spettacolo, ottimo. Ed essere pragmatici non significa necessariamente non dare spettacolo. L’ho visto piangere e abbracciare i suoi giocatori. Mourinho si è ringiovanito. Il suo sorriso è da ragazzino. Sembra che abbia vinto il primo titolo per la sua esultanza. Questo è molto bello. Ciò significa molto attaccamento alla squadra, alla società, alla Roma”.
Lo spettacolo lo hanno dato anche i tifosi… “La tifoseria romanista è molto partecipativa. Una delle cose che mi colpì di più quando ero giallorosso fu uno striscione piazzato allo stadio: “La Roma non discute. Si ama”. E proprio ora sto guardando alla tv la folla allo stadio Olimpico per la festa. Ecco, mi sarebbe piaciuto molto esserci. Per applaudire coloro che hanno vinto. Cinquantamila persone più uno, che sarei stato io”.
Tornando alla partita, quali sono stati i migliori? “Il gioco di squadra è stato solido. Spendo il nome di Ibanez, che conosco. È nato a Canela, un’ora e mezza da Porto Alegre, dove abito io. È un bravo giocatore. Pellegrini ha giocato bene. Abraham ha disturbato bene l’avversario. Lo conoscevo poco ma è stato una bella sorpresa. Sa giocare, lotta per il pallone, non rimane soltanto fermo lì davanti. Nei palloni alti la Roma è stata imbattibile. Il portiere Rui Patricio ha fatto un paio di parate strepitose e ci sono stati pure i due palloni finiti sui legni a inizio secondo tempo. La coppa è andata alla squadra giusta”.
E Zaniolo, che ha deciso la gara? “È rimasto molto tempo fermo a causa dell’infortunio. Contro il Feyenoord ha segnato un gol di tocco, di qualità. Giusta scelta: se avesse scelto la potenza, il portiere l’avrebbe presa. Tecnicamente è un bravissimo giocatore”.
Per chi come lei ha sfiorato l’impresa perdendo la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool ai rigori nel 1984, questo titolo di Conference League dà un po’ di sollievo? “Sarò sincero, non ci ho neanche pensato. Quello è il passato, e il passato non torna. Pensiamo piuttosto a questo titolo. È stato meraviglioso. Mi auguro sia solo il primo, e che la Roma possa conquistarne di più”.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – M. Cannone
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