C’è una Roma meno visibile della criniera di Smalling e della maschera di Dybala, che però merita di essere raccontata dopo vittorie del genere. È la Roma di Salvatore Foti, tanto per dirne una: il vice di José Mourinho, che per la squalifica si è goduto il trionfo dal pullman della squadra, è al terzo successo da capo allenatore su tre tentativi. Nello scorso campionato gli era andata bene contro Spezia e e Atalanta: ma festeggiare in casa dell’Inter è una medaglia di cui andare fieri, anche se il contributo invisibile di Mourinho è stato un ingrediente ineliminabile del prodotto.
Ma è anche la Roma degli italiani che difficilmente finiscono sulle prime pagine. E però sono professionisti, che martellano e cementano i gruppi. Inutile parlare di Lorenzo Pellegrini, aiutato dai due scudieri, Gianluca Mancini e Bryan Cristante, che sul tema personalità non molto da imparare.
Cristante in particolare aveva giocato già 180 minuti in Nazionale, eppure non ha accusato neanche un po’ la stanchezza. “Giocare fa sempre bene – racconta con un sorriso -, se poi si vince è anche meglio. È bello ottenere certi risultati in queste grandi partite, con gli stadi pieni e contro avversari importanti. Ho visto quella sana presunzione che ad alti livelli è necessaria. Uno scontro diretto vinto ti può rilanciare, ti carica. Ma la classifica è molto corta, non dobbiamo fermarci qui“.
Si può sognare? “Serve equilibrio, non dobbiamo alimentare troppe aspettative. Parlare di scudetto è un po’ troppo ma non dobbiamo neanche pensare di essere gli ultimi arrivati perché siamo forti“.
FONTE: Il Corriere dello Sport – R. Maida
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