Volete salvare i conti? Non fate mercato. Il governo ha posto al calcio italiano le proprie condizioni per salvare la baracca. Il prossimo 16 dicembre scadrà il termine entro cui le squadre, tutte, dovranno onorare i versamenti fiscali dilazionati nei mesi scorsi. Una “cambiale” da 480 milioni per il movimento. Che rischia di decretare il default di almeno due squadre di Serie A, impossibilitate a pagare tutto in una volta il proprio debito.
Per questo, Claudio Lotito sta lavorando a una dilazione insieme al presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini. E ha ottenuto l’appoggio di uno dei suoi nemici giurati, il ministro dello sport Andrea Abodi. Che ha già dato la disponibilità (lo ha raccontato Repubblica) a spendersi col Mef per ottenere le coperture a una dilazione di quel debito fiscale: il calcio italiano, partito dalla richiesta di spalmare la cifra su un decennio, alla fine è convinto di aver spuntato la dilazione su 5 anni.
Il governo dovrebbe coprire infatti questa rateizzazione. Ma ha posto una condizione: che chiunque aderisca, si impegni a chiudere il mercato invernale con saldo almeno a zero, se non positivo. Vuol dire: o scegliere di non fare acquisti, oppure coprire eventuali arrivi con cessioni perlomeno dello stesso valore.
Chi non rispettasse l’accordo, potrebbe perdere il beneficio della rateizzazione e dover versare l’intero ammontare residuo. Insomma, la richiesta è di vincolarsi a comportamenti morigerati, come impone l’aver richiesto un impegno economico non trascurabile allo Stato.
Certo, una questione simile non è facile da definire come impegno scritto. Ma è indubbiamente necessaria. Perché, tra le altre cose, anche all’interno della Lega Serie A c’è chi alla richiesta di una rateizzazione dei debiti fiscali è fortemente contrario, sollevando una “questione morale”.
Si tratta di Joe Barone, dg della Fiorentina, che nell’assemblea di lunedì ha affrontato bruscamente il presidente Casini. Facendo presente che cambiare le regole in corsa penalizza chi ha lavorato seriamente, rinunciando a investimenti scriteriati per farsi trovare pronto alla scadenza, e favorisce le gestioni tossiche, strangolate da debiti e assenza di liquidità. Di contro, il n.2 della Viola è stato accusato di voler far fallire due società. Il segno che anche su questioni essenziali, il movimento fatica a trovare una linea comune.
FONTE: La Repubblica – M. Pinci