Non di solo Lukaku, anche fosse giusto il pensiero e l’ambizione di acquistarlo, può vivere la Roma. Perché José Mourinho sbaglierebbe a chiudere in un cassetto e sottovalutare. La prima sconfitta in campionato, magari inserendola semplicemente nel faldone dedicato alla sfortuna, alla casualità, alla palla che nella porta avversaria sembra non volere (quasi) mai entrare.
Ma il tecnico portoghese, ne siamo certi, non lo farà. Perché avrà visto anche lui una squadra mal messa in campo nel primo tempo, senza ritmo, con errori individuali e di concetto preoccupanti. E certo, il risultato non spiega tutto. La Roma non avrebbe meritato la sconfitta: il tabellino racconta di due traverse, 16 tiri complessivi a 4, 12 angoli a 1, il 72% di possesso palla. Ma basta guardare con attenzione le due reti concesse al Verona per darsi qualche spiegazione.
Buon per Baroni, che vince alla Mourinho, sfruttando al massimo quanto costruito. “Do-mani si dormirà sogni di gloria“, canta il Bentegodi alla fine, sulle note di “Verona beat“. Proprio così: punteggio pieno dopo due partite, era accaduto solo altre due volte nella storia gialloblu. E in una delle due, nel 1984-85, sarebbe poi arrivato lo scudetto. Ma il tricolore non è materia in discussione. Non è neppure per la Roma, verrebbe da dire, al netto di Lukaku. A Mourinho non riesce stavolta la rimonta fino al 2-2, come era accaduto con la Salernitana.
Troppo dura provare a risalire dopo gli errori scellerati del primo tempo. Errori che coinvolgono lo stesso tecnico portoghese, che inizialmente lascia in panchina Aouar e sceglie Paredes con Cristante nel ruolo di mezzala. Ne viene fuori una Roma monocorde, che pure verticalizza abbastanza bene, ma senza mai dare copertura sufficiente in fase difensiva. Il Verona va subito avanti, complice una respinta di Rui Patricio su un tiro di Terracciano che definire difettosa è persino riduttivo, sulla quale Duda comodamente segna l’1-0.
Mourinho fa mea culpa. All’intervallo ne cambia tre, ridisegnando la Roma con un 4-3-3, bocciando Paredes e inserendo Aouar. L’avvio del secondo tempo promette bene per i giallorossi, la manovra è più rapida, El Shaarawy è al solito un fattore a partita in corso e la rete di Aouar, dopo 11′, è la naturale conseguenza del forcing. Di più: sembra l’annuncio di un ribaltone. Macché. Il Verona fa passare la tempesta, la Roma di fatto non tira più in porta, Baroni ritocca il suo modulo affidandosi a un solo trequartista per andare a contrastare Cristante.
Di qua Mourinho è costretto a sostituire Dybala (uscito per un problema muscolare), inserendo Solbakken. Deludono in tanti, però. Delude pure Pellegrini, pure sfortunato sulla traversa che a 6′ dalla fine gli nega il 2-2. Resiste il Verona. Resiste con un uomo in meno, resiste a 13′ di recupero. La Roma non è più lucida. Magari i gol li porterà davvero Lukaku. Romelu può aggiungere quel peso specifico che in partite simili fa la differenza, ma è sul resto che Mou e la società devono interrogarsi: sicuri non serva anche un difensore? Sicuri non ci sia un problema serio sulle corsie esterne? Venerdì all’Olimpico arriva il Milan: dopo un punto in due partite, è già un bel bivio.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – D. Stoppini
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