Chi l’avrebbe mai detto. Il totem José Mourinho costretto a dire al mondo che no, il problema della Roma non è lui. Ma è come se da quella notte di Budapest qualcosa sia cambiato. Prima di quel giorno tutti pensavano — o temevano — che José sarebbe andato via, lasciando l’ennesimo trofeo della sua storia. E invece è arrivata la sua prima sconfitta in una finale europea. È arrivata una permanenza dovuta, più che voluta: c’era un contratto e nessuna delle due parti ha avuto voglia di prendersi l’onere del divorzio.
Ieri Mourinho ha implicitamente annunciato l’addio a fine stagione, quando scadrà il suo contratto. Il problema è come arrivarci, visto che la Roma tramortita a Genova è parsa svuotata. Nonostante la squadra sia la più forte avuta dal portoghese nella capitale. Nel suo primo incontro con la famiglia Friedkin, nel suo soggiorno di Londra, il presidente Dan gli fece una promessa: “Da noi non sarai mai esonerato”. Mourinho, forse ricordando quella promessa, ha posto una sorta di condizione:“Solo Friedkin può dirmi che devo andare via”. Ma se non è una resa è una presa di coscienza.
Ma sembra quasi che la forza nervosa su cui lo Special One abbia costruito quella cavalcata si sia afflosciata. La squadra aveva dato il segnale di crescere costantemente. Ora s’è avvitata nel peggior avvio degli ultimi trent’anni. E così il mito più evocativo e divisivo della storia recente del calcio è costretto a sfoderare scuse che poco si modellano alla sua dimensione: “Sì, è il peggior avvio della mia carriera, ma prima di me la Roma non aveva mai giocato due finali europee consecutive”.
E ancora: “Ho avuto la più grande, la più importante e la più pazza offerta di lavoro che un allenatore abbia mai avuto nella storia del calcio e l’ho rifiutata”. Da una parte, è un modo per dire che non si sente, pronto per l’esilio da fine carriera in Arabia Saudita. Dall’altra, suscita naturalmente una domanda: in un calcio che viaggia a mille all’ora e cambia di continuo, non sarà che anche José inizia a sentire il peso delle attese?
FONTE: La Repubblica – M. Pinci
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