È una Roma virtuale quella che fa discutere e che Mourinho è costretto a mettere in campo in questa prima parte di stagione. Una squadra rinforzata sul mercato con profili esaltanti (Lukaku su tutti) e che sulla carta si presenta come una delle rose più competitive, almeno nell’undici titolare. Ma è proprio l’undici il problema fattuale dei giallorossi.
Sì perché Mourinho dall’inizio della stagione, per un motivo o per l’altro, non ha mai potuto usufruire della piena potenzialità della sua squadra. Smalling, Spinazzola, Pellegrini, Renato Sanches e Dybala. Tutti tremendamente fragili, ma, soprattutto, tutti titolari. La girandola di infortuni che sta colpendo Trigoria da agosto sta riguardando praticamente tutti i titolari più forti e che rappresentano l’ossatura ideale della squadra.
Non che non si sapesse però, vista la storia ‘clinica’ di calciatori come Sanches o Dybala, vista la tendenza pericolosa alla fragilità muscolare di Pellegrini e Spinazzola e i problemi cronici di Smalling. Tutto prevedibile perciò, e Mourinho aveva avvertito. Ma ci sono casi preoccupanti e di difficile lettura.
Uno degli ultimi è certamente Spinazzola. Fermo per un sovraccarico muscolare da oltre una settimana, inizialmente il suo problema fisico sembrava di facile e rapida risoluzione: gestione e riposo contro lo Slavia e convocazione a Milano. Niente di tutto ciò. Il fastidio al quadricipite continua a tormentare Spinazzola che da quel giorno non si è più allenato in gruppo e ora punta direttamente alla prossima settimana per tornare a disposizione. Obiettivo derby, quindi, così come per Pellegrini.
Ma se ci si sofferma sulla durata degli stop dei vari Smalling e Sanches, le riflessioni possono spaventare e non poco. Un elemento è certo: a Trigoria, soprattutto da quando c’è Mourinho, la cautela regna sovrana, proprio perché diversi calciatori fanno i conti con problemi muscolari continui e affrettare i tempi rischierebbe di mettere a repentaglio il proseguo della stagione.
I casi di Dybala e Sanches, entrambi anche ieri al lavoro con i compagni, per motivi diversi fanno scuola. Resta però una squadra virtuale. Una squadra che potrebbe ambire, se trovasse continuità di impiego dei suoi migliori, a qualcosa in più. Soprattutto per le caratteristiche conclamate del suo tecnico che fa della somma di prestazioni individuali il suo credo calcistico. Organizzazione e errori ridotti al minimo. Ma se la qualità si abbassa diventa tutto più complicato. E allora vanno ricalibrati ambizioni e obiettivi, poiché sarebbe quantomeno delittuoso continuare ad illudersi di avere una squadra di un certo livello se l’infermeria, complice la storia individuali di tanti calciatori, è sempre piena.
FONTE: Il Tempo – L. Pes