La lucidità di Mourinho parte prima: quando intorno al 18’ del primo tempo di Roma-Fiorentina, con il risultato già in discesa, la curva regala al suo imperatore sul campo un altro striscione d’amore, con annesso coro personalizzato intonato forte, lui fa più volte il gesto della mano a scacciare la suggestione, come a dire «non è il momento».
Ennesima dimostrazione che ciò che ha più a cuore l’allenatore portoghese durante la partita è il risultato: per questo viene pagato così profumatamente e a questo tende lui invariabilmente. La lucidità di Mourinho parte seconda: non si sa bene per quale leggenda metropolitana quando le telecamere di Dazn indugiano sul pizzino che l’allenatore ha consegnato ad un raccattapalle per far recapitare nel più breve tempo possibile un’indicazione a Rui Patricio qualcuno pensa (e quindi dice) addirittura che sul foglietto ci sia l’invito a perdere tempo, pensiero meschino che ovviamente non ha mai sfiorato il tecnico, intento invece a dare l’unica indicazione utile possibile per Rui Patricio in un momento così concitato della partita: lo schieramento dei giocatori sulle eventuali palle inattive a favore della Fiorentina. Quei cerchi con le scritte “Sha” e Bov”, e cioè El Shaarawy e Bove, servivano a coprire le posizioni lasciate da Zalewski e soprattutto Lukaku in un momento in cui ogni dettaglio avrebbe potuto essere decisivo.
Mourinho la partita con la Fiorentina l’aveva immaginata e la stava anche vincendo bene, a prescindere dalle chiacchiere finali di Italiano che, come spesso capita agli allenatori con la sua mentalità, tendono a sopravvalutare gli innegabili pregi della propria squadra sottovalutandone però clamorosamente i difetti. Se Dybala al 15’ avesse segnato il 2-0 come tutte le premesse lasciavano credere, la partita sarebbe sostanzialmente finita quasi prima ancora di cominciare, con una squadra intenta solo ad attaccare scriteriatamente e l’altra a colpire chirurgicamente approfittando degli spazi generosamente concessi.
Ma quel pallone ha avuto uno strano rimbalzo e quello è stato solo il primo segnale di una serata che avrebbe potuto essere assai più amara per la Roma e che nonostante tutto non lo è stata, e questo si deve proprio alla capacità mostrata dai giocatori della Roma di pensare esattamente come il loro allenatore ha insegnato loro: il risultato va prima di ogni cosa (ma non a qualsiasi costo, quella è un’altra storia). La prima partita, dunque, Mourinho l’aveva vinta eccome, proprio conoscendo i difetti della Fiorentina e lavorando su quelli.
Dopo il vantaggio, scaturito ancora una volta da una disposizione sciagurata della difesa viola, la Roma ha disposto degli avversari con grande autorevolezza, mancando purtroppo solo il colpo del ko. Poi è uscito Dybala e questo ha indubbiamente minato qualche certezza nella squadra giallorossa. Senza il vero punto di riferimento per le ripartenze, le uscite della Roma sulle pressioni esasperate degli avversari sono diventate meno fluide e la Fiorentina ha acquisito maggior consapevolezza, prendendosi volentieri il campo che la Roma progressivamente ha cominciato a cedere.
Questo è stato il momento in cui l’esito della partita è entrato in discussione, e la Roma ha avuto solo la colpa di puntare troppo sull’idea di poter chiudere la questione in ripartenza, senza avere il coraggio necessario per tentarla ogni volta che il ritrovato possesso glielo avrebbe consentito. Troppe volte gli esterni o i centrocampisti si sono accontentati di poggiarsi sullo scarico più facile piuttosto che immaginare uno scatto in avanti che avrebbe messo a nudo le fragilità congenite della difesa di Italiano.
Un esempio chiaro c’è stato al 40’, quando una ripartenza due contro uno è stata clamorosamente sprecata da Lukaku con una scelta individuale davvero incomprensibile. Romelu avrebbe dovuto proseguire la corsa verso la porta e costringere l’unico avversario davanti a fare una scelta, seguire lui o mettersi nella traiettoria verso Azmoun.
Con la sua potenza muscolare il belga avrebbe potuto disporre a suo piacimento dell’avversario e invece ha preferito cercare subito il passaggio per Azmoun sbagliando però completamente la traiettoria. Addirittura, sulla ripartenza, la Fiorentina ha avuto la palla per realizzare il contropiede beffa e Zalewski per fermare Ikoné stato ammonito, e solo a posteriori si è svelata l’importanza di quel giallo.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco