Non sono simpatici, non sono innovativi, non sono piacioni. Max e Mou, nomi da cartoon americani anni Cinquanta, praticano il calcio della realtà e diffidano del mondo delle idee. Garbano quando vincono, ma se perdono è un precipizio medievale. Tornano vecchissimi, difensivisti, conducenti di autobus in area di rigore. Non parlare al manovratore, neppure se è un maestro di dialettica.
Perché Max e Mou si assomigliano anche quando aprono e chiudono virgolette. Si piacciono, scherzano, si sono sempre mandati attestati di stima, continuano a scambiarsi messaggini, dicono, con una certa frequenza, molto spesso quando a uno dei due scappa una battuta.
L’incrocio di questi due personaggi a loro modo simmetrici è un parallelismo di Juve/Roma. Mai come quest’anno, Mourinho ha teorizzato la Roma dei nervi tesi. Mai come quest’anno, Allegri ha costruito una Juve del mordi e fuggi. Quando il calcio sembra dirigersi altrove, verso le magiche terre della modernizzazione, loro due si piegano su loro stessi per difendere l’unica verità che conoscono: il calcio è un meccanismo semplice e sorride solo ai vincitori, meglio se attraverso racconti epici. Per divertirsi: il circo, il cinema, un buon libro, una compagnia spiritosa, una tavolata, una barzelletta, un’apericena.
Sempre in primissima persona singolare, anche nel momento della lite che li esalta, Allegri e Mourinho sono i frontman più o meno involontari di club che in questo momento hanno scelto il profilo basso e un parziale nascondimento mediatico.
Ed è così che Max e Mou, maestri di comunicazione, vanno avanti mettendoci la faccia e le parole. Questo li rende parafulmini dei giocatori, che perciò li apprezzano parecchio. Ora cercano entrambi un futuro di conferme, Max e Mou, il primo riconsegnando la Champions alla Juventus, il secondo ottenendo un altro contratto difficile a Roma.
Sanno che sulle loro teste svolazzano gli avvoltoi del bel gioco, chissà poi cos’è, ma giustamente rifiutano di non saper guardare ai giovani: tanti ne hanno lanciati. Rari, perché unici. Non saranno simpatici, Max e Mou, però sono divertenti. Forse non entreranno mai nella Treccani, dove esiste il sarrismo ma non c’è traccia di allegrismo o mourinhismo, però certi modi di dire, e non soltanto di fare, sono ormai lessico familiare: tra zero tituli e corto muso. E comunque, molti tituli per quei due, anche di larghissimo muso.
FONTE: La Repubblica – M. Crosetti