Quel Rombo di Tuono risuonava fino al Nuovo Mondo, in Messico. Arrivava a Torino e martellava nella testa di Gianni Agnelli, che per averlo avrebbe sborsato un miliardo. Ma solo in Sardegna il rumore diventava melodia. I cagliaritani gli spettatori privilegiati della sinfonia numero undici, quella del suo numero di maglia. A loro Gigi Riva aveva assicurato eterno amore. E fu così.
Nel multiverso delle follie d’amore, però, non c’è spazio per la coerenza. Come in quello delle carriere dei calciatori. E allora chiedersi “e se…” non sembra poi così banale. Soprattutto quando a dichiararsi è il diretto interessato. Perché Gigi Riva, in un’intervista rilasciata a Giampaolo Murgia di Giallorossi nel novembre 1982, parlò del mancato passaggio alla Roma. Trame di calciomercato mai veramente intrecciate: “A 25 anni avrei potuto trasferirmi a Roma, è vero. Ero a un bivio della mia vita, non solo
della carriera”. Sliding doors.
“Alla fine scelsi la Sardegna, quella terra che è diventata anche mia”. La finestra di mercato menzionata da Riva però non è quella del ’69, ma del ’73. L’anno in cui Roma accoglie Manlio Scopigno, preferito a un certo Nils Liedholm. Il “filosofo” che ha portato il Cagliari sul tetto d’Italia deve farsi largo tra quelli della Scuola di Atene conservata ai Musei Vaticani. E chiama il suo allievo. Ma i sogni, si sa, fanno spesso e volentieri a pugni con la realtà. “Se i tifosi mi chiedono Riva difficilmente riuscirò ad accontentarli”. Nel 1974 Gaetano Anzalone, dirigente romanista, spegne la scintilla che avrebbe alimentato il rombo della macchina da gol nella Capitale.
FONTE: La Repubblica