Senza tifosi, senza dirigenti, senza un futuro definito per mezza squadra, alla Roma servirebbe una pausa di riflessione, ma non è permessa e poi non funziona mai. Gli appuntamenti non si possono rimandare, almeno quelli importanti.
La Roma avrebbe un disperato bisogno di ricostruirsi. Non c’è un direttore sportivo che ha lasciato a metà stagione scatenando un effetto domino, c’è stato l’addio anche di altri dirigenti vicini a Tiago Pinto, non c’è nessuno con cui i 10 giocatori in scadenza di contratto o di prestito possano discutere, da Rui Patricio a Lukaku, passando per Spinazzola e Llorente, a fine stagione tutti via.
Ma prima di un futuro incerto c’è il presente, ed è solo un attimo che vola via. Una partita che vale il passaggio agli ottavi di una coppa che non può essere trascurata dopo la batosta in Coppa Italia con la Lazio e il balbettante campionato che la tiene sempre fuori dalla zona Champions League, sarebbe vitale per la sopravvivenza di un club che non può spendere più di quello che incassa. Di fronte ancora il Feyenoord, ma non dovevamo vederci più?
La dimostrazione che bisogna solo attendere perché cambi il destino. Pellegrini ha aspettato, un inizio stagione tra i fischi, la crisi con Mourinho certificata dai numeri — tre gol e tre assist dall’addio del portoghese — e con una parte del pubblico romanista che tra social e striscioni (l’ultimo “sei l’anello debole” riferendosi all’anello che la squadra ha regalato a Mou dopo la Conference e che il tecnico gli ha lasciato nell’armadietto) non gli hanno riservato carezze, e ora un nuovo inizio. Dice De Rossi: «Lui è un esempio per tutti, una guida in campo».
FONTE: La Repubblica – G. Scotti