Nono si batte la Roma di coppa, non la batte mai il Feyenoord (e quando lo fa, come l’anno scorso, poi se ne pente al ritorno), e non la batte stavolta nonostante il cambio in panchina che ha portato la squadra a giocare di più il pallone, a cercare il dominio del gioco, ad attaccare senza mai far mancare la spinta se non nel solito momento di vuoto all’inizio del secondo tempo e poi alla fine, con l’inevitabile forcing finale degli olandesi.
Al de Kuip il primo tempo del playoff di Europa League che dovrà portare una tra Roma e Feyenoord agli ottavi finisce in parità con le reti di Paixao prima dell’intervallo (che la squadra giallorossa aveva gestito con un’autorevolezza da grande squadra) e il pareggio di Lukaku a metà del secondo tempo, quando i padroni di casa pensavano di poter portare a casa il risultato pieno.
Niente da fare perché questa Roma è ormai di bosco e di riviera, sa attaccare e sa anche difendersi (soprattutto se i suoi uomini non si addormentano in area proprio quando dovrebbero innalzare il livello dell’attenzione nelle marcature), e alterna le due qualità con buona disinvoltura.
Il risultato maturato all’intervallo è stato più ingiusto persino di quello che era scaturito l’anno scorso alla fine della gara d’andata della semifinale (allora) di Europa League. Perché nel primo tempo la Roma ha attaccato di più e ha attaccato meglio, ha tenuto il pallone di più (55%), ha lavorato con applicazione e fantasia nelle due fasi di gioco, senza farsi mai innervosire dall’ambiente ostile né dalla mole di lavoro da fare per difendere e riattaccare, o meglio per attaccare e ridifendere.
E mentre si contavano con rammarico le occasioni reali e potenziali costruite dalla Roma dopo che l’assistente dell’arbitro romeno aveva alzato il cartello dei due minuti di recupero da giocare, è arrivato lo sviluppo decisivo del Feyenoord con lo spazio trovato a sinistra di Hartman (il giocatore meno pressato per via dello schieramento asimmetrico in fase di non possesso che poi illustreremo meglio), con cross pennellato sulla testa di Paixao che era andato opportunamente ad attaccare una zona non sua del fronte offensivo e collocandosi tra Llorente e Spinazzola (per meglio dire, scivolando alle spalle dello spagnolo che lo ha colpevolmente mollato) ha staccato da solo e ha battuto inevitabilmente e imparabilmente Svilar: il 23enne brasiliano è alto circa 167 cm, ma già un anno fa aveva colpito di testa, all’Olimpico, in quel momento negando una qualificazione che poi Dybala spostò nuovamente a favore della Roma.
Peccato davvero per la bellezza di un primo tempo giocato con l’autorevolezza della squadra che sta prendendo piano piano confidenza con l’idea di dominare le partite e non subirle come avveniva, per scelta strategica diversa, in passato. Ma nonostante l’evidente predisposizione offensiva, la Roma aveva rischiato davvero poco e invece più volte aveva sfondato l’ultimo argine olandese, senza però riuscire a trovare la via giusta per segnare.
Il 433 in fase offensiva scelto da De Rossi diventava un 442 in fase di non possesso, con Bove ad aprirsi sul loro terzino sinistro per lasciare Dybala con pochi metri da correre all’indietro (si occupava dell’impostazione di Hacko e semmai di schermare la linea di passaggio per i mediani), con Zalewswki (preferito ad El Shaarawy) a sinistra e Lukaku davanti; in mezzo al campo Paredes e Pellegrini si andavano ad occuparsi di Wieffer e Zerrouki, con Spinazzola e Karsdorp in fascia e Llorente al suo posto al fianco di Mancini.
Questo portava a volte Hartmann di godere di qualche spazio imprevisto quando Bove veniva risucchiato in mezzo al campo se Stengs si abbassava a cercare il pallone fuori dalla portata del centrale romanista libero. Ma era in possesso palla che la Roma sembrava avere le idee chiarissime, con rotazioni incessanti tra funzioni diverse, tipo Paredes a costruire a tre (non solo in mezzo, anche a sinistra), Karsdorp ad alzarsi quasi sulla linea degli attaccanti, Bove a tenere insieme la catena, Pellegrini ad aprirsi per far salire Spinazzola, Zalewski a dare profondità e sostegno a Lukaku. Un tourbillon continuo che ha dato vantaggi sia in termini di possesso palla, sia di efficacia offensiva.
Il Feyenoord è stato spesso in forte difficoltà con la sua formazione rabberciata (fuori Bijlow, Trauner, van den Belt, Zechiel, Timber e alla fine anche Geetruida, con Gimenez inizialmente in panchina), senza il conforto del possesso (che invece Slot vorrebbe sempre gestire) e con i romanisti che scappavano da tutte le parti. Sin dai primi minuti la Roma usciva senza troppi problemi dal basso e arrivava sul fondo eludendo le pressioni via via più basse degli avversari.
Al 5’ è arrivato Karsdorp a cercare la soluzione finale dopo una grande azione in costruzione rifinita da un tacco di Dybala, all’8’ è arrivato il destro di Bove deviato in corner ancora su azione lunga impostata da Svilar, al 10’ con un’azione ancora migliore Dybala è arrivato a servire Pellegrini in area con i tempi perfetti, il capitano ha spostato il pallone per superare Wellenreuther confidando nel gol o in subordine nel fallo da rigore, ma il portiere tedesco di riserva è stato perfetto nel suo intervento con le mani protese, e sul disimpegno successivo Dybala ha colto ancora Pellegrini ma stavolta in fuorigioco.
Al 17’ Dybala ha servito per Lukaku che di testa non ha sorpreso il portiere mentre al 21’ una palla persa da Zalewski ha favorito la prima occasione per i padroni di casa, con il solito Paixao a sfruttare la sua velocità di dribling e a battere in diagonale, allargando troppo la conclusione. Al 26’ Zalewski invece di calciare ha provato a sorprendere Beelen servendo Lukaku, ma il difensore olandese ha sorpreso lui intuendo la scelta e vanificando la grande occasione.
Al 40’ Paredes – ancora al termine di una grande azione profonda prima e avvolgente poi – è arrivato al tiro da 25 metri stampando il pallone sulla traversa con tocco del portiere. E poco dopo su calcio d’angolo di Dybala Lukaku ancora da buona occasione ha trovato Wellenreuther sulla traiettoria. Ci si avvicinava con rammarico al duplice fischio quando un disimpegno senza pretese degli olandesi ha trovato Hartman senza opposizione a sinistra e sul cross perfettamente calibrato Paixao è scivolato alle spalle di Llorente e ha potuto persino prendere la mira per battere Svilar.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco