La follia di essere normale. Alla Roma serviva un portiere che semplicemente parasse. Che facesse il suo mestiere. Non un extraterreste o uno bravo perché “pazzo”. Come avrebbe suggerito la lunga tradizione dei numeri uno iperdotati e, per definizione, “sopra le righe” nei comportamenti.
E quando a stagione in corso la squadra si è trovata senza più un punto di riferimento, con un Rui Patricio (prima scelta di José Mourinho) senza la fiducia dei giorni migliori, dal cilindro il tecnico Daniele De Rossi ha tirato fuori per magia Mile Svilar, il portiere che para e sa usare i piedi.
Un tipo per nulla strano o matto, semmai un 26enne già esperto che ha saputo aspettare il suo momento e, dopo due mesi, triplicare quasi il suo valore di mercato. Diventando già da ora l’estremo del futuro giallorosso: “primo acquisto” per la prossima stagione, con una valutazione che si aggira attorno ai 10 milioni di euro (dai 4 iniziali) e che può crescere ancora.
Un crack, verrebbe da dire. Perché Svilar, portiere rivelazione della Serie A, fin dal primo momento ha saputo adattarsi alle crescenti difficoltà di un ruolo che è cambiato negli ultimi anni e che, anche a Roma, aveva bisogno di duttilità. E così Mile si è preso la scena: sicuro tra i pali, attento nelle uscite e ottimo pararigori, titolare fisso in Europa League (decisivo per la qualificazione agli ottavi contro il Feyenoord con 2 penalty respinti) e in campionato dalla gara col Frosinone.
In ogni sfida, si è distinto per un intervento eccellente: nelle 5 gare sotto la guida di DDR, nessun portiere ha effettuato più parate di lui (22, al pari di Consigli del Sassuolo) in campionato. Anche a Firenze, per non andare troppo lontano nel tempo, ha parato il rigore a Biraghi che ha tenuto in piedi la Roma (poi l’1-1 nel finale di Llorente). E poi, appunto, ha il tocco morbido di un centrocampista, se è vero che nelle 6 partite giocate ha una precisione nei passaggi del 91% e solo Sommer dell’Inter (184) ha completato dalla 25ª giornata a oggi più passaggi di Mile (168) tra i portieri della A. Numeri che hanno inciso sulla media voto, salita rispetto a Rui Patricio (6.06) fino al 6 e mezzo.
Il portiere, a dirla tutta, avrebbe voluto aggiungere anche un altro capitolo alla storia, quello legato alla nazionale e al Belgio, in cui aveva iniziato la carriera fino all’Under 21. Ma, dopo aver già scelto una volta la Serbia (ha il doppio passaporto), non gli è stato possibile per regolamento tornare indietro. Poco male. Il suo Belgio ora è la Roma, con cui vuole scalare le montagne: c’è la Champions in palio e la consacrazione in A da conquistare. Cercando di restare come ha dimostrato finora di essere: normale, un vero saggio tra i pali.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – A. D’Urso