Pensieri e parole se le porta via il vento. Come sempre quando si prova a confrontare la storia della squadra della Capitale, con quella di chi si è posto fin dal primo giorno sulla parte opposta della barricata. Volano via pensieri e parole non perché musicate da un grandissimo cantautore, sul quale gli appropriatori indebiti di personaggi scomparsi hanno tentato di incollare l’ennesima pecetta immotivata (misteri della fede, la loro: è risaputo che fosse uno dei pochi italiani completamente disinteressati al calcio). Ma perché quando si tratta di classifiche e punteggi, i numeri azzerano ogni discussione.
«Davanti a te ci sono io», cantava lui. Fotografando – inconsapevolmente – alla perfezione sessantuno dei novantadue campionati a girone unico. Un dominio cittadino incontrastato da parte della Roma, in difficoltà – relativa – soltanto in tre lustri. Per il resto, qualche sporadica sortita dei rivali di sempre, più estemporanea che realmente significativa. Anche perché ogni volta che il caso gli ha fatto sporgere il naso in su, le cadute sono state rovinose (e di riflesso gloriose per noi).
Cinquecento punti tondi tondi di distacco complessivi forse raccontano anche più dei dieci anni di differenza di categoria (loro 11 anni in B, come da almanacco, ma è meno noto che dal computo sia stata esclusa la retrocessione subita in Divisione Nazionale nel 1927/28). Così come sono indicativi i rispettivi piazzamenti finali in classifica, con noi frequentemente nella cosiddetta parte sinistra; e loro nella colonna meno nobile, come storia comanda. Poi ci sono una serie di lunghi cicli che ci pongono decisamente in posizione di dominio. Assoluto.
Fin dai primordi della Serie A, ovvero dall’istituzione del campionato a girone unico, avvenuta nella stagione 1929/30. Il vero e proprio torneo viene varato a ridosso della nascita della Roma, che come lo stesso inno spiega, è «nata grande». In senso letterale. Tanto da centrare tre podi, senza mai scendere sotto il sesto posto, in ognuno dei primi sette anni di vita. Nei quali arriva sette volte consecutive davanti ai dirimpettai. Cominciando quindi con il piglio giusto e dando subito un indirizzo preciso a quanto dirà la storia. Dall’inizio e per sempre.
Poi il primo Scudetto della Capitale – conquistato ovviamente dalla squadra che ne porta il nome – segna un ulteriore solco nella distanza che separa la Roma da quegli altri. L’anno successivo al tricolore si verifica un ex aequo senza precedenti. Che peraltro resterà un caso unico. Da lì in poi il campionato viene sospeso per la guerra e riprende diviso in due gironi: uno cosiddetto dell’Alta Italia e l’altro denominato del Centro Sud. In quest’ultimo sono iscritte entrambe le squadre, ma a finire davanti – nemmeno a dirlo – sono i giallorossi, con ben dieci punti di vantaggio. Gli anni dal 1947 al ‘52 rappresentano il periodo più drammatico per la Roma. Quegli altri ne approfittano. Ma è gloria effimera e il decennio successivo rappresenta la rinascita.
Gli Anni 60 scandiscono la prima sostanziale differenza di categoria, coi biancocelesti che scendono in serie cadetta per tre volte, passando cinque stagioni complessive in B, anche in anni in cui dalla parte giusta del Tevere si alzano trofei nazionali e continentali. Il decennio successivo è poco felice per la Roma, ma sul finire del periodo si pongono le basi per la miglior squadra mai vista a queste latitudini. Nemmeno a farlo apposta, negli stessi anni il primo grande scandalo calcistico travolge i dirimpettai e li rimanda in B. Per ben due volte e sei stagioni, spingendoli fino all’orlo della C e del fallimento. Gli spareggi cui sono costretti per non sprofondare segnano l’apogeo di un periodo che ci vede vincere Scudetto e quattro coppe Italia, e disputare una finale di Coppa Campioni. C’è un abisso di distanza, sintetizzato dai 299 punti accumulati in 13 stagioni consecutive avanti.
PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO CLICCARE QUI
FONTE: Il Romanista – F. Pastore