La Roma non c’è più, ma la stagione non è (ancora) finita: e dopo l’imbarazzante prestazione di ieri, tenuta viva fino alla fine solo per la casualità di un rigore realizzato da Pellegrini che – mentre l’Atalanta sbagliava tutte le conclusioni possibili per aumentare il divario di due gol scavato in venti minuti da De Ketelaere – ha dimezzato lo svantaggio a metà ripresa regalando un finale clamorosamente aperto, ora bisogna trovare il modo di difendere in ogni modo almeno il sesto posto battendo Genoa ed Empoli (e non sarà semplice) per poi sperare che a Dublino gli scatenati nerazzurri di Gasperini battano anche il Bayer Leverkusenrendendo trionfale la loro già stupefacente stagione e consolino la Roma con l’insperata qualificazione alla Champions di scorta.
La partita della Roma, ammesso che si possa definire tale, è durata più o meno un quarto d’ora, il tempo di capire che giocare a fare l’Atalanta contro l’Atalanta è esercizio inutile, velleitario, insomma dannoso se si perdono tutti i duelli individuali, ma con le gambe fragili di questo periodo c’era anche da aspettarselo. Basta lasciare un solo uno contro uno senza copertura, e giocando così è inevitabile che accada, e si apre il buco dal quale rischia di scolare via ciò quel poco che è rimasto di questa squadra. Anche stavolta infatti De Rossi aveva scelto di mettersi a specchio con l’avversario, con un 3421 puntato su uomini che teoricamente dovrebbero saper interpretare più ruoli e invece perdono anche la capacità di interpretarne uno, persi come sono nei duelli individuali che non sanno tenere e nelle costruzioni velleitarie, imprecise e piatte.
Così stavolta il terzo centrale a destra è il ruolo toccato a Kristensen, a fianco di Mancini (un fantasma rispetto al miglior difensore del campionato, quale è sembrato per buona parte della stagione) e Ndicka, confermati a tre giorni di distanza dalla delusione di Leverkusen, e spersi nel campo alla ricerca di marcature che non tengono mai (con Llorente e Smalling a guardarsi stralunati in panchina). Sulla fascia El Shaarawy a destra e Angeliño a sinistra, in mezzo Cristante e Paredes, o quel che è rimasto di loro, con Pellegrini e Baldanzi (l’unico volto nuovo con Kristensen rispetto a Leverkusen e, paradossalmente, l’unico che almeno nel primo tempo aveva cercato costantemente quegli smarcamenti in diagonale che sicuramente l’allenatore avrà chiesto in fase di preparazione della partita) alle spalle di Lukaku, l’uomo al quale aggrapparsi spesso vanamente nelle uscite disperate all’insù, viste le difficoltà a uscire da giù.
Di fronte Gasperini non si è fatto scrupoli e a dispetto dell’impegno di mercoledì nella finale di Coppa Italia ha messo in campo l’undici migliore, con due soli cambi (oltre al portiere, Carnesecchi al posto di Musso, portiere di Coppa) rispetto a giovedì, con De Roon in difesa al fianco di Hien e Djimsiti, Hateboer (e non Zappacosta) esterno a destra, Pasalic (altro cambio, con Lookman in panchina) con Ederson in mezzo, Ruggeri a sinistra, e il tridente con Koopmeiners, l’imprendibile De Ketelaere e Scamacca. Per un po’ la Roma ha retto, ma già l’atteggiamento passivo sui primi due calci d’angolo della serata avevano dato l’idea dell’atteggiamento remissivo: prima Lukaku rischiando l’autogol, poi Djimsiti saltando da solo hanno fatto capire che serata l’avrebbe atteso.
Al 5’ l’unico squillo romanista del primo tempo con una palla in verticale per Lukaku che ha stoppato male ma ha facilitato la possibile conclusione di Angeliño che dentro l’area ha caricato il sinistro, ma è stato anticipato sul più bello da Hateboer. Sul campo si sono disegnati i duelli che sempre contro l’Atalanta si formano: per cui Hien si occupava di Lukaku, Djimsiti andava su Baldanzi, De Roon su Pellegrini, con gli esterni sugli esterni, e in mezzo al campo Cristante se la vedeva con Ederson e Paredes con Pasalic, con i tre difensori ad occuparsi delle tre punte atalantine. Per un po’ la Roma sembrava reggere, con le pressioni puntuali e l’Atalanta che sembrava faticare a manovrare con la solita disinvoltura.
Poi l’episodio che ha determinato una svolta che ha afflosciato la Roma come un palloncino bucato: è bastato lasciare in area per un duello De Ketelaere (servito da Scamacca) con Mancini, con il belga che è rientrato sul destro approfittando di un errore di postura del difensore, e da lì ha scoccato un tiro a giro che Svilar non ha neanche provato a intercettare. Altri due minuti ed è arrivato il raddoppio, ancora con la Roma a guardare la trama nerazzurra, con un triangolo veloce sulla sinistra che ha confuso Kristensen, Koopmeiners che è arrivato davanti a Svilar, ma invece di tirargli addosso ha deviato verso De Ketelaere che ha fatto gol a porta vuota. Un uno-due da ko che infatti ha fatto sbandare la Roma sul ring.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco