E così, nelle ore in cui si celebra l’addio alla bellezza di Alain Delon, la Roma è pronta a salutare la partenza del suo giocatore migliore, Paulo Dybala, unico fuoriclasse approdato in giallorosso dopo il ritiro di Totti: nelle mire degli arabi dell’ Al-Quadsiah, pronti a offrire 60 milioni di euro fino al 2027, è fuori dal progetto Roma.
Un giorno dovranno spiegarci in che cosa consista. La Joya, delizia per chi ama il calcio, messo alla porta per risparmiare sull’ingaggio ed evitare il prolungamento automatico del contratto, con l’allenatore, Daniele De Rossi, che ha giustificato l’esclusione di Cagliari come “scelta tecnica”.
Sono bastati i 22 minuti, più recupero, giocati da Dybala per dimostrare che parlare di scelta tecnica è una bestemmia. Dybala è il paradigma di una Serie A che, travolta da debiti, stadi fatiscenti e imperizia dei dirigenti, è ridotta a torneo di medio cabotaggio. La Premier viaggia in executive, Liga e Bundesliga in prima classe, noi siamo finiti in seconda. (…)
Gli americani ragionano con il sistema degli algoritmi: funziona nel baseball, ma il calcio è un’altra cosa. Rinunciare a Dybala può avere una logica solo in una proprietà statunitense dove comanda una dirigente greca, il Ceo Lina Souloukou. Nel suo curriculum, quattro stagioni di Olympiakos e un’invidiabile scalata nelle cariche in Europa: il calcio in poltrona. Abbiamo otto allenatori italiani tra i migliori 50 nel mondo. È l’unica eccellenza che ci è rimasta. Il resto è noia e niente Joya.
FONTE: Il Fatto Quotidiano