Pochi mesi fa disse, “pur di vincere un derby ascolterei Ramazzotti per un mese”. Chissà se Ivan Juric sarebbe disposto a fare lo stesso voto per una vittoria nella sua prima da allenatore in Europa League? La prima, del resto, è quella che non si scorda mai e non conta l’età: il croato di panchine ne ha collezionate, più di 300, e di anni ne ha quasi 50. Domani – nel caso – sarà come vincere un derby. Eppure il tecnico croato, con il Toro, si è sempre arrampicato sulla Juve, senza mai scalarla definitivamente.
E’ dura, per un metallaro, ascoltare Ramazzotti, comprendiamo cosa volesse intendere con quelle parole, ma per ottenere qualcosa bisogna rinunciare ad altro e le notti d’Europa hanno un fascino particolare, anche se non so-no quelle di Champions. Il problema, se così lo vogliamo definire, è cominciare a gestire la rosa sui tre obiettivi: campionato, Europa League e più in là la Coppa Italia. Questo sì, non lo ha mai fatto, giocare due volte a settimana è altra storia.
E allora sarà necessario sperimentare, tenere qualcuno a riposo (Dybala, Pellegrini) e puntare su altri (Konè, Soulé, Baldanzi) per poter contare, nel breve termine, su un po’ tutti i calciatori a disposizione, perché l’obiettivo vero è tornare in Champions. L’esordio di domani, come emozioni, può essere paragonato a quello di domenica contro l’Udinese: l’Olimpico fa tremare i polsi quando è in festa, quando è arrabbiato può incutere timore a chi non è abituato.
E domani ce lo aspettiamo ancora un po’ rabbioso: se Ivan ha superato il primo step, non avrà difficoltà ad affrontare il secondo. Ormai ha preso atto della situazione avversa, in questo caos lui non c’entra, non ne è responsabile, né si scompone. È chiamato a isolare il gruppo e renderlo più leggero: a risolvere i problemi, non a subirli.
FONTE: Il Messaggero – A. Angeloni