La vittoria è arrivata, tutto il resto no. La Roma conquista il primo successo in questa edizione dell’Europa League, torneo iniziato arrancando dopo essere stata finalista due anni fa e semifinalista nella scorsa stagione. Forse inquadrando meglio la situazione, ripensando a ciò che era e adesso non è più, sarà meno difficile uscire dall’enorme confusione che dagli uffici della società dilaga in campo in modo evidente.
Da una parte c’è Ivan Juric che parla di mentalità vincente (ma era stato lui ad aver giudicato ottima la prestazione che generò la clamorosa sconfitta con l’Elfsborg: il cortocircuito è chiaro) e che fissa nella qualificazione alla prossima Champions League il primo obiettivo sopravvalutando probabilmente la rosa; dall’altra parte c’è una squadra che fatica a seguire un filo logico anche contro un avversario mediocre come la Dinamo Kiev (zero punti e zero gol in tre sfide europee; ieri in campo quasi solo le riserve in vista dello scontro diretto in campionato di domenica contro lo Shakhtar) e che è lontanissima non solo da quei concetti di rigida applicazione in marcatura tipica del suo allenatore ma anche da basilari principi di equilibrio tattico.
La Roma vive alla giornata, almeno questa è l’impressione che dà. Non è mai in controllo, l’impegno non manca ma è un esercizio quasi sterile perché non poggia su basi solide. Ieri per settantacinque minuti i giallorossi non sono riusciti a tirare su l’azione e hanno lasciato agli avversari due grandi occasioni per pareggiare a causa di piazzamenti sbagliati, coperture tardive, assenza assoluta di marcature preventive. E nel finale, dopo che l’ingresso di Dybala e Pellegrini aveva dato qualità negli ultimi trenta metri, hanno concesso spazi invitanti agli ucraini. La vittoria, firmata da un rigore di Dovbyk nel primo tempo, resta preziosa, ma ieri non c’è stato nessun passo avanti.
Juric ha dovuto mediare tra la necessità di far rifiatare qualcuno e quella di vincere la prima partita in Europa per non complicare in modo eccessivo il cammino verso i playoff. I febbricitanti Mancini e Soulé sono rimasti a casa (non è chiaro se l’argentino avrebbe giocato, a prescindere dall’influenza), mentre sono andati in panchina Cristante, Pellegrini e naturalmente Dybala. Con loro, a sorpresa, Hummels che continua la sua esperienza da turista in attesa di iniziare quella da giocatore.
Occasione per Le Fée, per Baldanzi e anche per Pisilli, testato nel ruolo di invasore un po’ più libero da compiti tattici. La prima mezz’ora conferma le previsioni della vigilia: Roma con la palla tra i piedi e ucraini a protezione dell’area con un 3-5-2 che in realtà si trasforma spesso in un 5-4-1 per intasare le linee centrali e spingere i giallorossi sulle corsie.
Zalewski e Angeliño sono stabilmente alti e così Le Fée ha sempre tante soluzioni per smistare: i due esterni larghi, Baldanzi e Pisilli sulla trequarti, Dovbyk in profondità. Però la manovra va sempre a sbattere su qualche avversario, il possesso è sterile.
L’episodio che sblocca la gara arriva a metà tempo: Baldanzi salta in tunnel Mykhavko che gli tira la maglia, Dovbyk trasforma il rigore. La Roma, però, non cresce in efficacia, non tira mai, non sfonda sulle fasce e concede qualcosa. Dovbyk ha sempre due avversari addosso: giocare con una punta e mezzo una partita come questa è decisamente discutibile. E la scarsa produzione offensiva nonostante l’ampio possesso dimostra che la manovra non ha trovato sbocchi.
Un errore di Le Fée, volenteroso ma scolastico, apre un corridoio, Guerrero trova Tymchyk tutto solo perché Angelino è a cinquanta metri ed Hermoso stringe troppo: il tiro finisce fuori di pochissimo. Poi Voloshyn segna, ma è in fuorigioco, e Svilar respinge su Guerrero.
Nella ripresa il portiere giallorosso sbaglia l’uscita e Mykhailenko lo grazia. La Dinamo inserisce qualche titolare, Shaparenko mette qualità sulla trequarti. Shomurodov, subentrato a Dovbyk, spreca in modo incredibile da cinque metri dopo una splendida combinazione tra Dybala e Pellegrini e alla fine serve un bel recupero del capitano per evitare guai.
Juric esulta e si congratula con tutti. Contava vincere, certo, ma è l’unica buona notizia della serata. La Roma è ancora alla ricerca di se stessa e il percorso sembra abbastanza lungo.
FONTE: La Gazzetta dello Sport – G.B. Olivero