La Roma non è più niente, del cadavere della bella squadra che (a tratti) è stata negli ultimi due anni si sono cosparse le ceneri ieri al Franchi, peraltro diroccato per lavori, a rinforzare l’immagine spettrale della terribile serata: 5-1 il risultato finale, e segnaliamo in ordine sparso la sconsiderata prestazione dal punto di vista tattico, le due sostituzioni di due intoccabili di Juric (Cristante e Angeliño) dopo 32 minuti, la sfavillante prova di Edoardo Bove (man of the match, con tanto di gol, rigore procurato e assist), il cambio di Mancini con Baldanzi all’intervallo con l’ex empolese schierato a tutta fascia sulla destra, l’espulsione ingiustificabile di Hermoso, l’esordio con immediato autogol di Hummels.
E più in generale una prestazione davvero inaccettabile, tanto da far considerare come unica soluzione quella di richiamare immediatamente Daniele De Rossi, porgergli le scuse e ripartire con lui con un vero progetto triennale, cercando di salvare il salvabile per questa stagione (ci sono ancora due coppe da giocare, e ventinove partite di campionato) e puntando sulla prossima lavorando sul mercato con qualche dirigente di campo adatto alla filosofia dell’allenatore. Dispiace per Juric, sicuramente il meno colpevole: ma anche le parole sue e del capitano della Roma, Lorenzo Pellegrini, uno dei più dignitosi nella mezza tragedia sportiva che si è consumata ieri a Firenze, confermano la sensazione che qualcosa si sia rotto. Impensabile pensare ad un terzo nome e a un nuovo cambio di filosofia.
Ieri la Roma è stata improponibile sin dal primo minuto, tanto che al 17’ il risultato era già stato fissato sul 2-0, frutto non di chissà quale dominio viola, ma dell’insipienza dei giallorossi, tanto spenti da far pensare ad un ammutinamento. Ma forse non sono capaci neanche di questo. Semplicemente, dopo aver a un certo punto rigettato (a loro insaputa) Mourinho, dopo non essere stati capaci di assecondare le innovative idee di De Rossi, adesso hanno capito che con le marcature a uomo di Juric non si arriva da nessuna parte. Ci hanno provato, ma ieri il problema è emerso in tutta la sua pesantezza.
Problema che, peraltro, è in buona parte rappresentato da loro, non dagli allenatori che hanno provato a dare a questa squadra una forma presentabile, riuscendoci peraltro in qualche momento. Poi la frittata l’ha fatta Dan Friedkin a dar retta a Lina Souloukou e a togliere forza con l’esonero a quello che ne meritava di più, De Rossi. Che ti aspetti ora? Niente di più di questo: che appena le cose vanno storte, la mancanza di amor proprio, la scarsa qualità in qualche caso, l’inconsapevolezza tattica, non fanno altro che complicare il quadro fino a renderlo ingestibile.
Questa è stata la partita di ieri, sin dall’inizio. Juric ha scelto il suo 3421 modellato come al solito sugli avversari, schierati sul 4231. E dunque dieci soldati a guardia – teorica – di altrettanti avversari: Dovbyk su Comuzzo, Dybala sull’altro centrale viola Ranieri, a sinistra Angeliño su Dodò e in supporto a Hermoso dietro su Colpani, a destra Celik su Gosens e in supporto a Mancini dietro su Bove (che qui fa il trequartista di sinistra e a un certo punto pareva Raphinha), Cristante basso sul trequarti Beltran, Pisilli su Adli, Pellegrini su Cataldi e Ndicka su Kean.
Ma era per l’appunto il piano teorico, perché all’atto pratico sono bastati un paio di finte e un paio di dribbling al momento giusto per consentire agli attaccanti viola di andare ad attaccare spazi desertici, senza alcuna contrapposizione. Tipo al 9’, con una verticale di Kean su Beltran che gli ha restituito il pallone leggermente fuorilinea rispetto a Ndicka, troppo incerto nella marcatura: così l’ex juventino si è semplicemente spostato la palla sul sinistro e poi in diagonale ha colpito di precisione, baciando il palo interno alla sinistra del povero Svilar per l’immediato vantaggio.
Al 13’ un’altra verticale sulla destra per Beltran è sembrata il preludio al raddoppio, sul cross basso Kean è arrivato ancora all’appuntamento togliendo il tempo stavolta a Mancini, ma ha deviato fuori. Poi al 16’ il primo capolavoro di Celik che per recuperare un pallone sulla linea laterale lo ha mandato dentro l’area dove proprio Bove è arrivato in anticipo, per l’inevitabile contatto falloso. A riguardare al replay, il turco ha toccato prima il pallone, ma l’impatto c’è stato e figurarsi se Chiffi al Var si sarebbe opposto alla valutazione del collega Sozza in campo. Dunque rigore e niente miracolo di Svilar stavolta.
Dopo 17 minuti la Fiorentina era in vantaggio 2-0 e Juric ha mandato subito a scaldarsi Zalewski e Koné, deluso dal comportamento di molti suoi giocatori, in particolare di Angeliño, troppo passivo sulla fascia su Dodò e a scalare su Colpani, e Cristante, accoppiato a Beltran, come un qualsiasi stopper. Al 21’ un’altra ripartenza tra Bove e Colpani è stata finalizzata da Cataldi, su cui stavolta è intervenuto Svilar. La Roma, forse deresponsabilizzata dai due gol subiti, ha provato una minima reazione prima dei cambi: ci hanno provato Cristante, poi addirittura Celik e infine Dybala, tentativi velleitari e scomposti.
Poi, dopo le sostituzioni, è arrivato il gol proprio di Koné e per un momento è sembrato un segnale da cogliere. Il francese ha controllato a modo suo un pallone nel centro sinistra, lo ha spostato sul destro e ha calciato forte in diagonale cogliendo proprio l’angolino opposto, lontano dalla portata di De Gea. Ma l’illusione è durata un paio di giri di lancette: al 41’ ancora l’incontenibile Bove ha sfruttato un’altra indecisione di Celik per conquistare il fondo del campo e crossare forte in orizzontale per il 3-1 di Kean, che ha chiuso la partita con un tempo d’anticipo. Inutili le proteste di Mancini a sottolineare una presunta carica sul turco.
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FONTE: Il Romanista – D- Lo Monaco