Un’altra volta, Ranieri l’ha fatto di nuovo! Un altro 1-0, l’ottavo della serie (più uno di Juric), per altri tre punti, ad allungare la serie di partite utili consecutive a 19 (14 vittorie e 5 pareggi) e a portare la Roma ancora più in alto, ora a quota 63, cinque in meno dell’Atalanta che affronteremo tra sette giorni a Bergamo, nel prossimo monday night. Dal punto di vista tattico è stata una bella partita a scacchi tra una Roma un po’ meno brillante rispetto alla versione di San Siro e la Fiorentina inaspettatamente viva, considerando il momento in cui si è incastrata la partita per loro, tra l’andata e il ritorno della semifinale di Conference League con il Betis Siviglia.
Ranieri ha ovviamente ripresentato la stessa squadra dell’impresa di Milano, un 352 apparentemente difensivo e in realtà piuttosto offensivo, stanti anche le pressioni alte ancora una volta portate (o almeno tentate) dalle mezzeali romaniste (Cristante sul centrodestra, Pellegrini sul centrosinistra) sui due braccetti viola (Comuzzo e Pongracic), con Dovbyk dirottato su Pablo Marì (Ranieri era squalificato), e Shomurodov a sacrificarsi correndo spesso all’indietro su Mandragora, play di giornata in sostituzione dell’infortunato Cataldi e con Adli inizialmente in panchina.
A scendere, per ricostituire la parità numerica a centrocampo, era Celik il più delle volte a doversi alzare su Ndour (mezzala sinistra di Palladino), con Koné ad aprirsi sull’altra mezzala, Richardson, mentre gli esterni se la vedevano tra di loro (Soulé contro Gosens e Angeliño contro Parisi) e dietro Mancini e Ndicka ingaggiavano pericolosi uno contro uno con Kean e Zaniolo. Ma Moises è attaccante vero e ha creato severi grattacapi a Svilar, mentre le ultime tracce calcistiche di Nicolò risalgono forse ai tempi in cui giocava con la Roma e anche ieri non ne ha azzeccata una, spesso togliendo dall’imbarazzo i suoi ex compagni di squadra regalando gentilmente loro il pallone.
E ovviamente quando si è trattato invece di mettersi in evidenza con le proteste ridicole è stato in prima fila, sia per lamentarsi del trattamento degli avversari sia per seguire il suo allenatore Palladino nell’infelice pantomima sul recupero sul recupero assegnato alla fine del primo tempo (3 secondi 3). E il suo “capolavoro” è stato alla fine, quando a partita terminata è rientrato in campo per insolentire ancora l’arbitro rimediando immediatamente un cartellino rosso che farà finire in gloria anche questa stagione.
È stata una partita vera e intensa, durata 100 minuti tra recuperi lunghi (4 nel primo tempo, più i tre secondi per il gol, 5 nella ripresa, ma sono diventati 6, senza che stavolta Palladino trovasse nulla da eccepire) e tempi regolamentari: alla fine di tempo effettivo si è giocato per 63’43”, che se non è un record poco ci manca. Tra mosse, cambi e contromosse Ranieri e Palladino se le sono date di santa ragione: prima 352 contrapposti, con la Fiorentina più bassa della Roma nella prima frazione, poi il cambio all’intervallo di Pisilli al posto di Pellegrini per tamponare con più efficacia (e di là Fagioli per Gosens, con spostamento in fascia sinistra di Parisi e a destra prima di Richardson e poi Ndour), poi gli inserimenti di Gourna-Douath e Baldanzi per Cristante e Shomurodov, poi il 4231 iperoffensivo di Palladino con Colpani esterno a destra (e fuori Richardson), Beltran messo largo a sinistra a rilevare addirittura Pongracic, con difesa a 4 e Gudmundsson alle spalle dello scatenato Kean, con la risposta di Ranieri con El Shaarawy al posto di Dovbyk e Rensch a dar fiato a Celik, per un 541 con Baldanzi unico riferimento offensivo; e infine la scelta di Adli al 90’ al posto di Ndour, giusto il tempo di fargli calciare malissimo l’ultima punizione concessa a tempo (di recupero) praticamente scaduto, per la gioia dei 63640 presenti, in un mare di bandiere giallorosse riproposte con orgoglio dopo l’esperienza della sera con l’Athletic.
E alla fine dentro ci è naufragato anche Bove, in una scena bellissima e suggestiva che ha coinvolto a fine partita le due squadre mentre Edoardo attraversava il campo dalla Nord verso la Sud per andare a raccogliere l’applauso dei suoi vecchi tifosi, in un pianto irrefrenabile che ha commosso tutti.
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FONTE: Il Romanista – D. Lo Monaco











