Alle ore 12.00, il nuovo allenatore della Roma Gian Piero Gasperini, risponderà alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione
RANIERI prende subito la parola e presenta il nuovo tecnico… “Buongiorno a tutti. Credo che per la prima volta vediate due allenatori insieme. Io, fino al 30 giugno, sono ancora l’allenatore, quindi non sbagliate. Mi avete anche dato del bugiardo quando mi è stato chiesto: “È Gasperini?”. Ho risposto di no. Perché non era ancora Gasperini. L’ho contattato io, gli avevo chiesto la disponibilità e lui mi ha detto: “Perché no?”. Ma da lì a dire che fosse lui, ce ne correva di tempo. I Friedkin hanno scelto lui perché è un allenatore che sta facendo benissimo. Ovunque è andato ha fatto bene: Crotone, Genova, e poi l’Atalanta. È un allenatore che riesce a cambiare la fisionomia di un atleta, riesce a rendere ottimi determinati giocatori. È quello che tutti noi speriamo. Lui è consapevole delle difficoltà che incontreremo nei prossimi due mercati, ed è proprio per questo che, quando si è detto che sarebbe arrivato, io ho scelto di farmi da parte. Era giusto iniziare la costruzione con lui fin da subito. Gian Piero è stato chiamato per cominciare a costruire qualcosa che speriamo tutti possa dare frutti importanti. Ha una personalità forte, è schietto, dice le cose in faccia, anche a brutto muso a volte, ma fa parte del carattere di ognuno di noi. Io stesso, poche volte, vi ho detto le cose a brutto muso, perché fa parte del mio carattere. Ma riuscivo a restare nel mio. Voi siete bravi a trovare sempre le notizie, ora ci direte anche chi sarà il nuovo direttore sportivo. Lo conoscete tutti per quello che ha fatto, Gian Piero è qui con noi, grazie per essere venuto”.
Ci sono soluzioni imminenti per il nuovo direttore sportivo? “La società sta valutando dei nominativi. Quanto prima conoscerete il prossimo direttore sportivo”.
Come sarà il suo rapporto con Gasperini? “Era antipatico, gliel’ho detto. Ai tifosi della Roma, per me molto di più. È stato scelto lui perché sono convinto che Roma ha bisogno di una personalità forte, di un tecnico che non si accontenta mai, che è sempre incavolato, che vuole migliorare la squadra, il singolo. Non sarà facile, per questo gli offriamo un anno per farsi capire. Sarò un amico per lui, starò da una parte e se avrà bisogno di qualcosa cercherà di risolvere problemi”.
Cosa avete chiesto nell’immediato a Gasperini? “Di fare il Gasperini. Mi sorprendeva Percassi quando diceva ‘partiamo per salvarci’. Roma non era l’Atalanta di allora, noi dobbiamo fare bene. I nostri tifosi hanno vinto grandi giocatori e grandi squadre, i tifosi si identificheranno con il suo gioco. Gli chiediamo di far bene, di conoscere la squadra e la piazza per un anno e salire sempre di più. Io sono sincero, vogliamo sempre il massimo, ma non ho fatto la volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba. In Champions avremmo incontrato 6 inglesi, 5 spagnole e noi forse non siamo pronti per questo, siamo più agguerriti sull’Europa League. Spero in un buon percorso in campionato e uno in Europa, accettando le cose belle e qualche boccone amaro. Anche quando la costruzione è ben fatta ci sono partite che perdi. Il popolo romano vuole vedere la squadra lottare fino in fondo, da arrabbiati. Sono sicuro che anche quando si perderà il romanista avrà visto i suoi giocatori lottare come mai prima”.
Sulla Nazionale… “Si è detto tanto, tenetevi quello che s’è detto. Rispetto l’Italia, ma sono della Roma”.
Quanto c’è di suo nel riavvicinamento Svilar-Roma sul contratto? “Sono cose che ha fatto Ghisolfi. Io ho solo chiamato il ragazzo e gli ho detto che si vuole fare bene, una grande Roma e che ci sono i presupposti. Lui è ambizioso, abbiamo preso un tecnico ambizioso e prenderemo giocatori ambiziosi. Io ho fatto solo questo”.
Cosa è successo con Ghisolfi? “Lo ha detto Castaldi, non commentiamo”.
Può spiegarci meglio le limitazioni del FPF? “Ci sono dei paletti. Siamo vicini, manca qualcosina, sono sicuro che riusciremo a essere dentro questi parametri da rispettare a giugno 2026, poi saremo liberi di lavorare con più tranquillità. La società si sta operando, non può mettere soldi altrimenti li avrebbe messi. Ci sono due mercati in cui stringere i denti, in cui trovare giocatori validi, ma ci sono squadre che prendono ragazzi a 60 milioni e hanno 20 anni, 18, non è facile. Te ne prendono 4, 5, 6, poi li tengono, li danno in prestito, li vendono, tu devi lottare con questi mostri, come i club di Premier League. Dobbiamo stimolare le idee e farci trovare pronti, parlo del calcio italiano in generale”.
Oltre al direttore sportivo, a lei e a Gasperini, ci saranno anche altre figure? “Questo non posso saperlo, non so se la proprietà vorrà mettere altri. A livello calcistico resterà la base solida creata e un altro direttore sportivo, se vogliono prendere altre figure non sta a me decidere o saperlo”.
GASPERINI Friedkin le ha chiesto come si fa a stare stabilmente in Champions League? Si è dato una risposta al perché la Roma non sia mai entrata in Champions League in questi anni? “Io ho chiaramente i primi contatti dovuti con Claudio e lui mi ha descritto benissimo per filo e per segno quello che è la realtà di Roma, della squadra e di questa società e le vicissitudini che ci sono state, alcune positive altre negative in questi anni e poi ho avuto modo di incontrare la proprietà e ho incontrato delle persone che hanno un grande entusiasmo sulla Roma, non so se questo traspare, ma dalle parole che ho avuto io con loro ho detto che loro spendono molto tempo sulla Roma e nei loro pensieri hanno indubbiamente dei progetti ambiziosi che hanno fatto fatica fino a questo momento a raggiungere e che hanno individuato in me, attraverso Claudio, la possibilità di creare qualcosa di costruttivo e di forte. Ci siamo confrontati anche su quelle che sono un po’ le loro idee, è chiaro che loro sanno benissimo di questa situazione di fair play finanziario e di questi primi due mercati, però è anche una società, una proprietà molto forte che ha intenzione di investire nella Roma, ma di investire bene, in modo un po’ più sostenibile di quello che è stato magari in questi anni precedenti”.
Cosa l’ha convinta a venire qui? Roma ha una sua liturgia particolare. La spaventa? “Da quando sono arrivato tutti mi mettete in guardia sulla città di Roma, dove è difficile raggiungere obiettivi sportivi, ma questa deve essere una forza, non una debolezza. Mi parlano della radio, della pressione, ma io da fuori vedo un grande entusiasmo, grande voglia di calcio e di raggiungere obiettivi. Queste forze vanno incanalate nel modo migliore. Se negli ultimi 6 anni ci sono state difficoltà a raggiungere obiettivi sperati probabilmente possiamo correggere qualcosa che consenta alla Roma di essere più forte e competitiva. Se il Napoli ha vinto due volte lo Scudetto, se Parigi è diventata capitale d’Europa non più per turismo ma anche per il calcio, vuol dire che si può fare risultati non solo a Milano e Torino. Bisogna costruire nel modo giusto, mettere tutto nelle spinta giusta. Tutti siete tifosi della Roma, tutti volete il meglio per la Roma, come chi lavora di qua. Se riusciamo a fare questo siamo tutti più forti”.
Deve costruire un feeling con i tifosi… “Il feeling con i tifosi, io credo che ci sia, c’è sempre stato. Roma è Roma, ma mai come Roma. Se rientra una parte mia, è chiaro che è inutile nascondersi: quello che conta sono i risultati. Poi bisogna capire quali sono i risultati. Io credo che noi dobbiamo porci prima di tutto l’idea ed è quello che mi ha spinto veramente in modo forte ad affrontare questa realtà che possiamo fare qualcosa di giusto, possiamo alzare il livello. Certo, se parto dai risultati che ha fatto Claudio nelle ultime 22-23 giornate, sono stati straordinari, ma questo significa una cosa: quello che conta più di tutti è la squadra. E lui ha dato una dimostrazione fondamentale. Al di là dei singoli, che sono sicuramente importanti, però gli stessi giocatori che erano in grandissima difficoltà di risultati, riuscendo ad avere un po’ più di atteggiamento anche per la squadra, è stato molto bello anche vedere tutti quelli che erano in panchina, come aiutavano, come spingevano. Questo è un valore da difendere, da mantenere, ed è la base sulla quale si può fare squadra e con la squadra poi ottenere il meglio. Non è che si possa, in una piazza come Roma, fare programmi a dieci anni. Si deve essere molto più veloci, molto più concreti. Però è anche vero che bisogna prendere la base di quella che è oggi e cercare di fare da lì un punto e cominciare a far crescere una squadra, sperare e volere fortemente che i tifosi si identifichino in quella squadra: per come gioca, per come affronta gli avversari, per come vince. E questo credo sia il primo punto che mi impongo, poi il resto viene di conseguenza”.
Ranieri ha detto che lei sa cambiare la fisonomia di alcuni giocatori. Crede di riuscire a farlo con Dybala? “Spero non serva, che vada bene così, che Dybala stia bene e abbia una buona condizione. Per lui come per tanti altri giocatori. C’è un prospetto di squadra che deve essere identificata per tutti, dove tutti spingono al di là dei personalismi, poi ci sono i singoli sui quali con lo staff ci mettiamo per cercare di migliorare tecnica, tattica, personalità, se alzi il livello dei singoli la squadra ne giova. Fa parte del mio lavoro da sempre, forse perché ho fatto settore giovanile, questi sono gli obiettivi. Non ci sono giocatori che non sono adatti, devono stare bene. Dybala quando sta bene è un grande giocatore, quando ha difficoltà anche a voi piace meno”.
Con lei sono esplosi alcuni attaccanti fortissimi, qui ci saranno Abraham e Dovbyk. Cosa pensa di loro? “Tutti quei giocatori che ha nominato erano giocatori forti. Io non penso di aver mai dato di più a loro di quello che già avevano, semmai qualche merito che mi posso prendere è di aver tirato fuori il meglio di quello che loro già avevano. Il fatto che spesso molti attaccanti hanno fatto bene, forse questo è anche un po’ il mio modo di giocare, perché hanno sempre fatto tanti gol, sono sempre stati tra le squadre più prolifiche, qualche volta anche le prime del campionato. Questo probabilmente è dovuto anche al modo di interpretare il gioco da parte della squadra. Questa è una mia caratteristica che vorrei riproporre sicuramente anche qui nella Roma. Adesso intanto si parte da quello che c’è e poi dopo tutte quelle che sono valutazioni di mercato e di possibilità di variare le cose verranno prese strada facendo”.
Lei sarebbe contento alla fine della stagione se…“Penso che il risultato massimo sarebbe la qualificazione in Champions in questo momento. Non penso siamo in grado di vincere lo scudetto. Il traguardo migliore per me è rendere questa squadra più forte, con giocatori più possibili da nazionale. Costruire un nucleo più ampio per questa squadra e creare un nocciolo duro per inserire poi nel prossimo anno giocatori che possano alzare il livello e che ora non possono essere trattati. Aspiro a una squadra compatta che dia forza e continuità, solidità. In questo momento ci sono giocatori relativamente giovani, l’importante è avere un mix. Nella mia esperienza, anche vendendo dei pezzi, può essere una forza avere dei giocatori forti che creano un nucleo“.
Tornando sull’esperienza all’Inter: “Se dovesse ricapitarmi farei in un altro modo. Sono stato troppo accomodante, dovevo entrare forte, o spacchi o vieni spaccato”. La pensa così? “Rimango della stessa idea, devi dare dei segnali importanti, devi portare la gente dalla tua parte, devi dare un’identità e la gente si deve riconoscere nella squadra e la deve sostenere, ma questo lo ha sempre fatto. Se tu crei la sinergia con la tua gente superi le difficoltà in un campionato difficilissimo. Se pensate a tutto quello che ha fatto la Roma, dietro ci sono squadre importanti e emergenti che stanno spendendo molto per risalire. C’è una corsa importante, è evidente che quando entri in una piazza così devi farlo in maniera forte, ma per me forte vuol dire creare un ambiente forte“.
Ha in mente un mantenimento dello zoccolo duro della squadra o ci sono alcuni più sacrificabili di altri? “Si parte da quello che c’è. C’è tanto già. Poi non possono essere gli stessi, mi aspetto dal mercato che porti qualcosa di diverso, a dei giocatori che creino un nucleo, poi ci sarà un mix. La Roma deve guardare e aspirare ad avere anche nuove figure che possano portare più in alto la squadra”.
Che caratteristiche devono avere i calciatori che vuole sul mercato? “Sono pochissime le società che si possono permettere di andare a prendere giocatori già affermati. I giocatori te li devi costruire molto spesso in casa, devi prendere i giocatori emergenti con la possibilità che possano raggiungere dei traguardi, che possano crescere. E vedete che, per essere una squadra di alto livello, c’è bisogno di giocatori che raggiungano anche quegli obiettivi, che siano giocatori da nazionale, che siano giocatori internazionali, che nelle coppe siano giocatori di spessore e di valore. Questo è il programma che si vuole arrivare a fare, a volte anche con giocatori anzi, molto spesso la necessità è con giocatori emergenti. Io ricordo, non so, Mancini, Cristante, per dire due giocatori: in quel momento sono venuti via dall’Atalanta abbastanza presto e sono andati in nazionale. Io vorrei che tutti questi ragazzi, indipendentemente dall’età, il prossimo anno abbiano come obiettivo non tanto difendere quello che hanno fatto fino adesso che quello comunque rimane, ed è comunque positivo ma fare la migliore stagione. La migliore stagione possibile, la migliore stagione della loro carriera. Non è ancora arrivato il momento di accontentarsi e di gestirsi, è il momento di raggiungere l’obiettivo migliore, anche se hai trent’anni, anche se non sei vecchio, anche se ne hai ventidue e vuoi scalare delle posizioni. Questo deve essere un po’ lo spirito. Se riusciamo a mettere tutto questo, abbiamo più chance. Parto da una base fortunata che è quella che ha fatto Claudio e che è stata la dimostrazione. È stata la dimostrazione di come gli stessi giocatori abbiano avuto un cambiamento di prestazione e di risultati se subentrano quei valori. Quelli sono i valori veri che ti permettono poi di raggiungere dei traguardi. Sennò il resto è solamente difendere le posizioni e questo non è sufficiente”.
Si è fatto un’idea di come fargli tornare il sorriso a Pellegrini? Sulla posizione di Soulé… “Pellegrini è un giocatore infortunato ma il discorso è lo stesso per tutti. Devono avere la mentalità di fare la miglior stagione. A voi piace Pellegrini quello che cacciava, che entrava, che faceva gol? Magari vi piaceva meno Pellegrini in difficoltà. Soulé è un giocatore offensivo, deve fare gol e assist, giocatore d’attacco. Oggi nel calcio moderno si attacca e si difende, oggi conta essere squadra. Quello che stiamo vedendo nel PSG è fantastico, ha perso Messi, Mbappé, Neymar e ha raggiunto traguardi con giocatori giovani ma credo che il calcio sia questo. Si vince da squadra“.
Quanto c’è di vero dell’inserimento della Juventus? “Sì, però ho avuto la sensazione che questa fosse la strada giusta. Al di là di tutti i rischi che continuamente mi vengono elencati, io ho pensato che veramente questa potesse essere, per la mia carriera, ma anche per il mio modo di esprimermi, per il mio modo di fare calcio e per la possibilità di incidere, doveva essere e poteva essere la situazione giusta, fantastica da poter percorrere. E quindi ho ragionato su questo. Ho messo davanti questa situazione: sì, va bene, è quello che cerco, è quello di cui ho bisogno in questo momento. E ho la convinzione forte di aver fatto la scelta giusta”.
Ha capito qual è stato il problema di Juric a Roma? Se è stato solo un problema ambientale o se c’è il modo di giocare così… “La mia esperienza è diversa.. Con Juric abbiamo condiviso tanti anni da giocatore e allenatore e poi come vice. Sono passati tanti anni, le esperienze sono state diverse. È vero che il mio modo di vedere calcio negli anni si è evoluto. Due aspetti: se vuoi aspettare la squadra che perde palla o se vuoi conquistarla: ci sono squadre che vincono in entrambi modi. La mia caratteristica è che sto male senza palla. La cosa ideale è avere palla noi e prenderla alta, ma nel calcio devi sapere fare un po’ di tutto. Adesso lo fanno in tanti e devi avere una grande duttilità. Su Juric non posso sapere cosa non abbia funzionato, non posso parlare per lui“.
Qual è il suo pregio e il suo difetto? Cosa proverà incontrando l’Atalanta da avversario? “Per fortuna quella la incontreremo a gennaio, quindi c’è un po’ di tempo. La cosa che mi sento di attribuirmi è che lavoro, e che mi piace lavorare, e mi piace. Mi piace lavorare in campo, mi piace quando magari fai qualcosa che poi te la vedi nel giocatore, te la vedi in campo, te la vedi nella proposta. Mi piace convincere i giocatori. Non ho mai imposto niente ai giocatori, ho sempre cercato di convincerli. Molti risultati che ho ottenuto sono dovuti al fatto che loro hanno tratto giovamento da questo e quindi hanno fatto poi dei risultati e delle prestazioni. Difetti? Faccio fatica. Forse me ne prendo troppe volte, ma non penso sia un difetto neanche questo”.
Dai tempi di Zeman non si fa una preparazione di un certo tipo. Come pensa di organizzarla? Con i gradoni? “Ma non è vero, mai fatto un gradone in vita mia. Per noi è importante che i giocatori si divertano, hanno la fortuna di fare il mestiere che ci piace, che abbiamo fatto da ragazzi, poi lo fai con la Roma e ti devi sentire fortunato. L’allenamento è importante, per migliorarsi, per stare bene e cercare di migliorare la prestazione. Allenarsi non può essere un problema, il gioco del calcio è divertente. Pensando a Pellegrini, se non sorridi non puoi giocare bene a calcio, bisogna avere un bello spirito, bisogna creare un bel clima di lavoro, trasmettersi l’uno con l’altro le migliori situazioni per migliorarsi, il mio lavoro è finalizzato a questo. Dev’esserci un bel clima, non dev’essere teso. Gli avversari sono quelli fuori, non quelli dentro, bisogna arrivare sempre con un bello spirito, perché i risultati da ottenere si fanno con molta fatica e sono difficili, e tutti quanti sono ben armati”.
FONTE: Redazione Tuttoasroma – dall’inviato a Trigoria R. Molinari











