Un vincolo, un bosco, il traffico, la gentrificazione, le speculazioni e la corruzione. In Italia c’è sempre un buon motivo per non costruire uno stadio e restare fermi al palo, anche quando ci sono i soldi per realizzarlo, le visioni imprenditoriali, il sostegno di una buona parte dei cittadini, la spinta dei tifosi e una volontà politica forte. Mentre Milan e Inter, in tempi da record per la burocrazia monstre di questo Paese, sono andate dal Comune a farsi vendere San Siro per costruire al posto della Scala del Calcio un impianto nuovo di zecca, Roma e Lazio da anni inseguono la chimera di una casa di proprietà. (…) La Roma ha compiuto già l’ultimo passo burocratico con l’amministrazione capitolina: il progetto definitivo è in arrivo in Campidoglio entro la fine della prossima settimana. “Sarà uno degli stadi più belli del mondo”, la promessa del sindaco.
Dopo lo studio di fattibilità, la conferenza dei servizi preliminare, il riconoscimento del pubblico interesse e la fase del dibattito pubblico, il prossimo step per l’impianto di Pietralata si completerà nel giro di dieci giorni al massimo. Si diceva che Friedkin potesse presentare il progetto in occasione del Natale di Roma, il 21 aprile, poi entro l’estate, dopo a settembre. Ma le operazioni di rimozione dell’enorme lastra di cemento che occupava la zona di un ex autoricambi sono riprese soltanto il 7 ottobre e anche gli scavi archeologici sono stati a lungo fermi; dal 16 giugno, per l’esattezza.
Nella zona off limits di via degli Aromi che segna il confine del cantiere, c’è ancora scritto “fine lavori 10/08/2025”. Le scadenze, in Italia, non sono mai categoriche. C’è chi sostiene che senza questo passaggio l’iter non possa avanzare. Per la Roma, invece, gli scavi non ultimati non bloccheranno la consegna. In quell’area ci sarebbero inoltre delle cave sotterranee, oltre che un’antica cisterna. La situazione archeologica di Pietralata è nota da tempo e secondo il club non inciderà sulla fattibilità dell’operazione, ma i comitati del “no” sono sul piede di guerra e si dichiarano pronti a far valere in punta di legge ogni loro diritto. Ricorderete poi il bosco – “a chiamarlo così gli si fa un complimento”, scherzano a Trigoria – da tre ettari che andrebbe abbattuto perché si trova proprio nell’area in cui dovrebbe sorgere lo stadio. La Roma, basandosi sulla relazione dell’agronomo Mauro Uniformi, effettuerà una compensazione dell’area da disboscare, andando a ripiantare gli alberi altrove. Smentita dunque la voce di una riduzione del perimetro per salvare questa vegetazione, situata proprio al confine.
La consegna del progetto attiverà almeno una commissione, probabilmente quella urbanistica, previa verifica da parte del Comune se le prescrizioni della delibera di Giunta del 2023 sono state rispettate. Solo a quel punto gli atti arriverebbero in regione per la conferenza dei servizi decisoria. L’ultimo step è il bando europeo, trattandosi di concessione di un terreno pubblico. Se partecipasse un altro investitore con un’offerta migliore, la Roma avrebbe il diritto di pareggiarla. L’obiettivo? Iniziare i lavori per il 2027, così da essere in linea con le tempistiche Figc e Uefa per ospitare Euro 2032. Va comunque ricordato che da quando Friedkin ha abbandonato Tor di Valle per virare su Pietralata sono trascorsi tre anni e mezzo. Dan, abbastanza infastidito per tutti questi cavilli, non riesce a spiegarsi come sia possibile che in Italia debbano passare cinque anni solo per concludere un iter autorizzativo senza aver posato neppure la prima pietra. (…)
FONTE: Il Corriere dello Sport – G. Marota











