Come si vive una vittoria contro la Juve in un grande stadio, in mezzo ai tifosi?
“Non avevamo molto tifo a inizio stagione. Ovviamente uno stadio così grande come l’Olimpico è più bello quando è pieno. L’abbiamo visto contro la Juve e vorrei che ogni partita fosse così, perché per noi giocatori in campo è molto più facile quando i tifosi ci sostengono fino in fondo”.
Francesco Totti è entrato a due minuti dalla fine e poi è tornato negli spogliatoi. Non è venuto a festeggiare. Lo capisci? O avresti fatto diversamente? “Siamo persone diverse e Totti è una leggenda della Roma. Questa è l’unica cosa che si può dire su di lui. Come giocatore è una leggenda in tutto il mondo, come persona l’ho conosciuto ed è un ragazzo davvero gentile. È Francesco Totti, quello che gli succede in campo è sempre vissuto con grande emozione, come accade a tutti noi giocatori. Mi ricordo la mia sostituzione a Pescara, non ero io. Possono capitare questi episodi ma non sono così importanti”.
Hai superato Totti come gol in una sola stagione. Hai anche superato te stesso. Hai cambiato qualcosa dalla scorsa stagione? Immaginavi di segnare così tanto? “Ogni attaccante vuole segnare il maggior numero di gol possibili. La mia prima stagione non è stata molto buona, ma abbiamo già parlato abbastanza della mia prima stagione. Me la ricordano tutti e io voglio solo concentrarmi sul futuro, come ho fatto quest’anno. Sapevo che avrei fatto meglio quest’anno e così è stato. Ovviamente aver segnato così tanti gol è un risultato fantastico per me. Tutti questi gol non sarebbero stati possibili senza la squadra e tutti i giocatori che mi hanno dato così tanti assist perfetti”.
Quanto è stato importante Spalletti? “Molto importante. Lui vuole giocare un calcio offensivo e mi ha insegnato cose nuove, come attaccare sempre lo spazio, perché in Italia è più difficile, i difensori giocano più stretto e stanno più indietro che in Germania o in Inghilterra. Qui si difende meglio. Quindi se vai incontro alla palla e non verso la porta è difficile segnare. Ovviamente è stata una persona fondamentale per il mio successo. Non mi piace paragonare gli allenatori perché ognuno mi dà qualcosa. Per esempio Magath è stato il mio primo allenatore in un grande campionato ed è stato il mister con più personalità, avevo 21 anni quando giocavano al Wolfsburg ed ero impressionato da tutte le novità. A volte eravano spaventati da lui. I suoi allenamenti erano così duri, non me ne ricordi altri così. Era il migliore in questo ed è riuscito a fare qualcosa di incredibile con una squadra giovane. Abbiamo vinto il campionato, un gran risultato. Magath è stata tra le persone più importanti della mia carriera. Al City ho trovato Mancini: di lui mi piaceva il voler giocare un calcio offensivo. Avevamo il possesso palla e tante occaioni da sol. Per noi attaccanti era fantastico, non avevamo paura di metterci in campo tutti insieme. Nell’ultima partita abbiamo vinto il campionato negli ultimi secondi, con me, Aguero e Balotelli tutti in campo. Ho fatto il 2-2, Balotelli l’assist per il terzo, segnato da Aguero. Poi è arrivato Pellegrini: è arrivato al City dopo una brutta stagione. Ha lavorato tanto sulla tattica della difesa, per tenerla alta e in linea. Voleva giocare con due attaccanti e a me piaceva perchè avevo più occasioni”.
Hai conosciuto anche Mario Balotelli? Cosa pensi di lui come persona e come giocatore? “Mario è un bravo ragazzo. Ci sono state così tante cose negative riguardo a Mario sui giornali. Io lo conosco meglio dei giornali. Abbiamo giocato insieme tre anni. È un ragazzo gentile, una brava persona. Penso che avrebbe potuto ottenere di più dalla sua carriera. Non molti giocatori hanno il suo talento. Però, come ho detto, in alcune situazioni poteva essere più furbo e non lasciare che la gente attorno a lui gli rovinassero la vita e la carriera. Se fosse stato un po’ più furbo in alcune situazioni avrebbe potuto fare molto meglio in carriera”.
C’è un allenatore con cui ti piacerebbe lavorare nella tua carriera futura? “Una volta ho detto che mi piacerebbe giocare per Mourinho. Lo chiamavano “Special One” in Inghilterra. È speciale, ha vinto così tanti trofei con squadre diverse. Ho sentito molto di lui da altri giocatori che hanno giocato per lui e tutti dicono cose belle di lui”.
L’ultimo periodo al City “Dopo i miei due infortuni al polpaccio destro e sinistro non riuscivo a rientrare nei piani del City. Non ero felice e pensavo di andarmene, così Silvano Martina mi chiamò dicendo che Sabatini mi voleva alla Roma. Ho risposto che non era facile decidere in quel momento perché la stagione non era finita e che quindi era meglio aspettare la fine della stagione perché avrei dovuto parlare con Pellegrini e con il club. Pochi mesi prima avevo rinnovato per 4 anni con il City. Era il momento sbagliato per pensare al futuro. Questo fu il primo contatto con la Roma. La prima stagione non è andata poi come mi aspettavo ma non sono il tipo che si arrende. Non scappo dalle situazioni difficili. Ho deciso io di rimanere. Volevo fare la preparazione con la squadra e fa tutto bene fin dall’inizio. Ero sicuro sarebbe andato tutto bene”.
Il rapporto con i compagni di squadra? “Non è facile essere amico di tutti perché tutti ragionano in modo diverso. Con Rüdiger ho molta sintonia anche perché anche lui parla tedesco. All’inizio non era facile perché quando sono arrivato non parlavo italiano e alcuni non parlavano inglese ma ora che parlo italiano va molto meglio”.
Un giorno parlerai con tua figlia Una della tua infanzia “Penso che la mia infanzia sia stata difficile a causa della guerra in Bosnia. Ovviamente non vorrei che nessuno, soprattutto non Una, debba vedere una cosa del genere. Quando crescerà le parlerò di molte cose, anche della guerra. Penso che un’infanzia difficile mi abbia reso l’uomo che sono oggi, molto più forte”.
Ci vuoi raccontare cosa ricordi del suono delle sirene? “Non è una bella sensazione. Quando le senti sai che qualcosa sta arrivando. La tempesta sta arrivando. Mi ricordo che è successo così tante volte in quei quattro anni. Sono fortunato che ero così piccolo per pensarci o per capire tutto così bene, come per i miei genitori. Quando succedeva, e succedeva spesso, dovevamo correre in cantina e nasconderci finché non ci dicevano che potevamo risalire. Ovviamente non è l’infanzia che voglio per i miei figli, non solo per loro, ma per tutti. Penso che sia successo per ragioni futili, così tante persone sono morte senza ragione”.
Hai provato a dimenticare, con il tempo? O pensi che dimenticare sia un errore? “È difficile dimenticare una cosa del genere, penso che nessuno possa dimenticarla. Rimane dentro di te per tutta la vita, perché non è stato facile vivere così. Soprattutto quando siamo bambini vogliamo sempre uscire a giocare con gli altri bambini. E da bambino non puoi capire che non puoi uscire all’aria aperta. È successo spesso che mia madre e mio padre non mi lasciassero uscire e io piangevo in casa senza capire il perché. Era pericoloso, saremmo potuti morire da un momento all’altro, come tantissimi bambini o adulti che sono morti senza ragione. È qualcosa che non puoi dimenticare, cerchi di vivere senza pensarci e pensi solo al futuro. E io ci provo”.
Hai in programma di avere un altro figlio? “Sì, mia moglie è già incinta di sei mesi, e sarà un maschietto. Sei il primo a saperlo. Davvero”.
Sei amico di Rüdiger, cosa pensi di quello che ha detto Lulic su Rüdiger dopo il derby? “Conosco Lulic meglio di chiunque. Non penso sia razzista. Perché ha detto quelle cose? Devo essere onesto, non l’ho mai chiamato per chiederglielo. Forse era arrabbiato perché aveva perso la partita, anche se ovviamente ha sbagliato a dire quelle cose. Gli altri soffrono per queste dichiarazioni. Come dicevo prima, lo conosco bene e so che non è razzista, ma a volte bisogna mantenere la lucidità anche dopo le partite quando perdi, non si possono dire certe cose”.
Shevchenko? “Un giocatore speciale. La prima volta che l’ho visto giocare ha segnato una tripletta al Barcellona. Poi andò al Milan ed era il numero uno per me. Quando il Milan giocò contro il Wolfsburg gli chiesi la maglietta e lui mi rispose che non c’erano problemi. Alcuni anni più tardi lo incontrai quando giocava per la Dynamo Kiev e parla un po’ con lui, fu un momento speciale”
Oggi chi è secondo te l’attaccante più forte? “Secondo me il numero 9 più forte, tolti Messi e Ronaldo che sono speciali, è Ibra. Negli ultimi dieci anni è stato il numero 9 più forte”.
Hai giocato con Barzagli e Zaccardo in Germania… “Sì ed è stato bello, erano strano che due campioni del mondo dell’Italia venissero al Wolfsburg ma il nome di Magath era importante a tal punto da portarli lì. Per noi era speciale. Quando abbiamo vinto il campionato, Barzagli era il boss della difesa. Lo chiamavo il padrone, lui non capiva il tedesco e noi l’italiano per cui a volte era difficile parlarsi ma in campo ci si capiva sempre”.
Cosa non ti piace di Roma? “A parte le buche, il fatto di non potermi godere questa splendida città. Non è facile andare in centro e passeggiare. So che è il lavoro e, ovviamente, fare foto con i tifosi è parte del mestiere ma a Roma a volte è troppo. Quando vado inc entro, magari con mia moglie e mia figlia, venti persone mi arrivano addosso e vorrei invece passare il tempo libero con la mia famiglia. Questa è la cosa che mi manca di più. In Inghilterra potevo tranquillamente andare in centro, così come in Germiania ma non sono così belle come Roma. A Roma provo a nascondermi. A volte mia moglie mi dice che è meglio se resto a casa perché si divertono di più se non vado anche io. In generale, amo questa città e il suo bel tempo. Per mia figlia è un bellissimo posto dove crescere. Sono felice qui, ho 3 anni di contratto. La mia famiglia sta bene qui, io sono felice qui e se il club non vorrà cedermi rimarrò volentieri. Quando mi ritirerò credo che andrò a vivere a Sarajevo, la mia città di casa. Tutta la mia famiglia è lì, ho passato lì la mia infanzia, per me è la miglior città al mondo. Non posso pensare solo a me stesso, devo pensare ai miei figli, al loro futuro. Al momento penso solo a Una, in futuro anche agli altri figli che avrò, spero. Vedremo quale sarà la soluzione migliore per loro, per la scuola e per tutto ma è ancora presto perché vorrei giocare ancora un paio di anni”