Due ore di auto da Roma. L’autostrada che taglia in due l’Italia, dal Tirreno all’Adriatico, accarezza le montagne d’Abruzzo. Il rifugio di Eusebio Di Francesco è qui, Dragonara, a pochi chilometri dal mare, tra Pescara e Chieti. Una famiglia legata da radici solide, tre fratelli, padre e madre, la moglie Sandra, tre figli, nove nipoti. Una piccola e composta tribù che ha appena finito di festeggiare l’annuncio di Eusebio allenatore della Roma.
Il tecnico era qui giovedì sera, l’albergo di proprietà porta il nome della frazione che fa parte del comune di San Giovanni Teatino. Papà Arnaldo ha messo su questo albergo molto frequentato partendo da una piccola trattoria. «Comprai i terreni da sette proprietari diversi, qui c’era una palude». Il padre ha la responsabilità del nome imposto al figlio: «Eravamo d’accordo con mia moglie su Luca. Poi quando andai all’anagrafe cambiai idea. Luca divenne il secondo nome. Senza discussioni. Ero stato conquistato da Eusebio, il campione portoghese, al Mondiale del ‘66». Luca è il nome che poi Eusebio ha imposto al terzo figlio. Lo rivelò alla madre quasi come scelta riparatrice.
Arnaldo è il patriarca, la moglie Silvana è arrivata in Abruzzo nel ‘62 da Levico Terme, poi nacquero i quattro figli: Maurizio Fausto (in onore di Coppi, perché il ciclismo è un’altra grande passione di famiglia), Walter, Eusebio e Serena, la più piccola, laureata in lingue orientali (tesi in giapponese), che gestisce l’attività di famiglia. Serena si occupa del marketing, Maurizio della cucina, Walter dell’albergo, Eusebio appena può torna. I quattro figli hanno ciascuno il 25 per cento delle quote dell’hotel. «Ma mamma e papà sono sempre qui, questa è la loro vita», racconta Serena. Lei è la prima tifosa del fratello, qui hanno vissuto giorni caldi, in attesa della firma: «Non ho ancora coscienza piena, l’avrò solo quando lo vedrò nella prima partita all’Olimpico». Il padre allo stadio ora va poco: «Mi piace seguire mio figlio in tv». Ricorda i sacrifici fatti per accompagnarlo ad allenarsi: «Quando non potevo io ci andava uno zio, un compare». Ma il calcio Eusebio lo ha conosciuto con il fratello. Insieme a Maurizio andava ad allenarsi all’Usus Pescara: «Squadra dilettanti, si giocava al vecchio stadio Rampigna. Ora c’è un campo di patate. Eusebio l’ho portato a nove anni, prima non facevano l’assicurazione per le squadre di calcio».
Ma la passione per lo sport era tanta, così Eusebio, il più piccolo dei tre maschi a sei anni ha cominciato ad andare in bici, sempre con il fratello. Papà Arnaldo si mise presto l’anima in pace: Eusebio avrebbe fatto il calciatore. «Avevamo il ristorante, eravamo impegnatissimi la sera, lui giocava al calcio con un barattolo, o con un pallone fatto con lo scotch e la carta». Walter se lo ricorda bene: «Federico è stato come il padre. Sempre con il pallone tra i piedi, anche da bambino. Dicono tutti che tecnicamente sia più bravo di Eusebio. In effetti in Nazionale ci è arrivato molto prima del padre». Stessa passione, tecnica superiore. Sarà una variante dell’evoluzione della specie. La madre Silvana concorda: «Eusebio dice sempre: “io però avevo più fame di lui”. Lui anche quando stava male non lo diceva per non restare fuori». Papà Arnaldo è rimasto conquistato da Francesco Totti: «E’ stato un grande campione, è un uomo semplice. Ricordo quando Eusebio giocava andammo a pranzo insieme con Totti e Zeman al Fungo». Serena non ha dubbi: «Il calore del tifo romano quando entri all’Olimpico ti resta nel cuore. Chissà cosa proverà Eusebio il primo giorno su quella panchina. I tifosi gli hanno sempre dimostrato affetto. Quando è tornato lo hanno sempre accolto con simpatia. Si è fatto voler bene da tutti, anche dai laziali». Walter rivela con orgoglio fraterno: «La sua romanità acquisita può servire in un ambiente come Roma dove ci sono così tante pressioni. Eusebio è più calmo di Spalletti nel gestire la comunicazione, mai andato fuori dalle righe. E’ stato Spalletti che è andato oltre, anche quando disse che Eusebio si era proposto, per un’intervista nella quale neppure parlava della Roma. Mio fratello è stato bravo a non rispondere».
La sua famiglia lo segue nel suo modo semplice di comunicare: «Eusebio ci sa fare con i suoi calciatori. E’ importante che abbia detto di aver parlato con De Rossi. E sono sicuro che Totti con lui resterà, può essere molto importante la sua presenza. Ma poi conta la squadra che costruiranno. Quella che c’è è già buona, serve qualche buon innesto. Pellegrini alla Roma viene perché c’è Eusebio». E poi Totti: «Sarebbe utile che ci fosse con lui. Sarebbe un punto di riferimento importante nei momenti di difficoltà, sperando che non ci siano. Dovrebbe fare come quando ha portato il Sassuolo in serie A. Una cavalcata in testa dall’inizio alla fine». Il discorso torna su Federico: «Sarebbe il giocatore giusto per la Roma di Eusebio, ma non può portarselo», sospira Maurizio.