Bisogna anche riderci sopra. Ironia e sarcasmo, dai, almeno quando le partite vere sono lontane e si può alleviare la noia. Eusebio Di Francesco non risparmia urla e correzioni ma se può evita di colpire duro, cercando di trattare tutti i giocatori alla stessa maniera. E’ serio e autorevole nelle richieste ma anche misurato nei rilievi. Due esempi. Il primo: il capitano, De Rossi, si offre come battitore di punizioni laterali durante un’esercitazione tattica, sbaglia due volte di fila il cross in mezzo. Di Francesco lo guarda e gli fa: «Danie’, avevi proposto tu di calciare vero?». De Rossi è scoppiato in una risata complice. Il secondo: il giovane, Nura, è veloce e abile a inserirsi sulla fascia per andare al cross, ma un po’ sbadato nella tecnica di calcio tanto da fornire assist inguardabili. Di Francesco gli fa notare: «Se muovi il corpo facendo un giro tipo Raccordo Anulare, il cross ti verrà sempre male».
IN CATTEDRA – Mastro Eusebio sta insistendo molto sui movimenti, sui tempi, sull’intensità. «Avanti, scarico, dentro». Sono alcune delle parole-chiave utilizzate dall’allenatore nelle lunghe lezioni di costruzione dell’azione. Ripete gli esercizi molte volte: undici contro zero, senza difensori. Ieri ad esempio, nella seduta di lavoro a Ypsilanti che ha preceduto l’amichevole con il Psg, ha schierato una possibile formazione titolare: Alisson in porta; Bruno Peres, Manolas, Juan Jesus e Moreno in difesa; Pellegrini, Gonalons e Strootman a centrocampo; Iturbe, Dzeko e Perotti in attacco. A tutti ha chiesto di arrivare in porta seguendo i concetti-base: il portiere deve servire uno dei due difensori centrali, al massimo i terzini o una mezz’ala se è necessario alzare il pallone per scavalcare l’aggressività avversaria; il regista deve ricevere palla dal difensore e servire velocemente uno dei tre attaccanti che viene incontro, a meno che non sia pressato (in quel caso ripassa dai difensori); una volta superata la metà campo, di prima o al massimo a due tocchi (ecco lo scarico), palla alla mezz’ala che può scegliere se valorizzare la spinta del terzino che si affaccia oppure tornare da uno degli attaccanti, che ha facoltà per non dire obbligo di puntare subito la porta.
TECNICA – Il campo della Eastern Michigan University non lo soddisfa («Non è buono») ma l’idea è di svuotare la squadra da ogni tipo di alibi. «Non mi interessa se sbagliate, contano i movimenti giusti!» urla Di Francesco spesso alla squadra, chiedendole di essere feroce davanti alla porta anche in allenamento («Ma a voi piace fare gol o no? Segnate!»). E anche se diversi giocatori tra quelli che partecipano alla tournée presto lasceranno la Roma, l’insegnante con il cappellino bianco si presta con pazienza a spiegare tutto ciò che vuole. Lo fa con Iturbe, ad esempio, come con Seck e Castan. E poi Sadiq, che da Pinzolo in poi ha accumulato il record di rimproveri (e ieri di prese in giro dei compagni).
SEGUITO – E’ presto per valutare gli effetti di un lavoro appena cominciato, per giunta con una rosa incompleta, ma la sensazione americana è che Di Francesco abbia già conquistato l’attenzione e la stima del gruppo. Compresi i big. E se anche Bruno Peres, il terzino meno terzino del mondo, ammette orgoglioso che «sto imparando a fare la diagonale», significa che per questa nuova Roma c’è speranza.