L’ex calciatore della Roma Cristian Servidei, cresciuto nelle file della Spal, ha rilasciato un’intervista all’As Roma Match Program. Ecco le sue parole:
Come mai la decisione di allontanarsi dallo sport l’ha resa professionista? “A me il calcio è sempre piaciuto giocarlo più che seguirlo da osservatore. Non mi appassiona particolarmente fermarmi sul divano in mezzo alla settimana e seguire una partita di un girone qualsiasi di Champions League. Preferisco organizzare una partita con gli amatori e giocare lì. Ma senza andare oltre”.
Quindi non segue particolarmente le vicissitudini di una squadra? “Guardi, vivendo a Ferrara da tempo ormai mi posso definire un tifoso della Spal. In questa società sono diventato calciatore e in carriera ci ho giocato tanto. Poi, soprattutto quest’anno, è impossibile non farsi coinvolgere dall’entusiasmo che si respira in città. La Spal mancava da cinquant’anni in Serie A e tutte le partite sono vissute come un grande evento. Tuttavia, io non vado spesso allo stadio. Anzi”.
Mai pensato di lavorare per la Spal? “Quando smisi di giocare ci poteva essere qualche possibilità, ma il club era in difficoltà economiche e i proprietari che si succedevano non erano molto affidabili. Non mi andava di impegnarmi con queste persone, così ho trovato la mia strada per conto mio senza pensare al calcio”.
Vent’anni fa alla Roma, non tutto andò bene… “Non giocai tantissimo, questo è vero, però in assoluto resta un’esperienza importante della mia vita. Fu il mio primo e unico passaggio a livelli top, in una metropoli così grande. Mi volle Zeman, che mi seguiva dai tempi delle giovanili della Spal, ma non capii mai bene il perché…”.
Cioè? “Io ero un difensore centrale che aveva sempre giocato a uomo, era questa la mia caratteristica principale. Adattarmi al suo sistema a zona fu complicato, considerando pure che per un difensore in generale sapersi muovere in una retroguardia zemaniana non è mai il massimo della vita (ride, ndr)”.
Pentito di aver scelto la Roma? “Assolutamente no. Roma è una piazza che non si può rifiutare. Sarei venuto anche a piedi, non scherziamo”.
Giocò tre partite, fece da titolare anche il derby di andata di campionato. “Non andò benissimo quella gara, come tutte le altre stracittadine tra Serie A e Coppa Italia. Ne perdemmo quattro su quattro, non fu piacevole. Ma bisogna pure riconoscere che gli avversari erano forti e avevano tanta qualità in tutti i reparti”.
Cosa rimane dell’esperienza romana? “Penso sempre a una cosa che non mi sarei mai aspettato vivendo uno spogliatoio con tante personalità autorevoli e calciatori di spessore mondiale…”.
Ovvero? “L’umiltà. L’umiltà di campioni affermati come Aldair, Balbo, Cafu, Candela, Totti. Erano già riconosciuti come top player, eppure si approcciavano agli allenamenti e alle partite come professionisti senza far pesare il loro nome. Cosa che non ho trovato – ad esempio – in tanti spogliatoi di Serie C che ho vissuto successivamente. Per noi giovani questi uomini erano un punto di riferimento. In quella stagione, peraltro, ci fu un ricambio generazionale con l’arrivo di diversi giocatori nuovi dalla provincia. Non solo io, ma pure Scapolo, Pivotto, Gautieri, Helguera che veniva dall’Albacete”.
In quello spogliatoio c’era pure Di Francesco, oggi l’allenatore… “Non mi stupisce che sia diventato un tecnico importante. Aveva tutte le caratteristiche per diventare un buon allenatore anche da giocatore: saggezza, determinazione, personalità. Mi fa piacere che stia trasmettendo il suo credo alla squadra nel migliore dei modi”.
Roma-Spal di venerdì, pronostico? “La mia opinione è che alla fine vincerà la Roma, facendo prevalere la differenza tecnica. Però la Spal è una squadra che offre sempre buone prestazioni, non rinuncia mai a giocarsi le proprie possibilità. Quindi, la Roma dovrà sudarsi questi tre punti”.