Ogni anno, quando si arriva in questo periodo, rileggere la «Spoon River» delle buone intenzioni romaniste mai concretizzatesi fa stringere il cuore dalla malinconia. Nelle stagioni passate Daniele De Rossi, con saggezza, spiegava come le colpe andavano suddivise «al 33% ciascuno tra allenatore, squadra e società». Poi, al solito, in genere ha pagato l’allenatore, se è vero che nelle ultime 14 annate sono stati cambiati 14 tecnici, di cui 6 solo nelle 7 della gestione statunitense.
RABBIA PALLOTTA – Ovvio che i contatti con gli Usa ci segnalano un presidente Pallotta molto arrabbiato e preoccupato per la netta flessione – e lo ha fatto sapere anche ai dirigenti –, ma l’impressione è che al momento non stia cercando capri espiatori in corsa, anche perché la zona Champions resta ad un passo, c’è un ritorno degli ottavi di Coppa contro lo Shakhtar ancora da giocare e, soprattutto, un d.s. come Monchi che ha piena fiducia in Eusebio Di Francesco. Certo, nel suo viaggio in Usa per incontrare Pallotta, si parlerà anche del momento della squadra, ma lo scopo del blitz (tornerà giovedì) è solo quello di esaminare un nuovo software di «scouting» su cui il presidente ha investito.
GAMBE E MODULO – Al netto del 33% a carico dei giocatori, è ovvio che Di Francesco si senta sotto esame. La certezza di avere un futuro nella Roma, in fatti, può dargliela solo una cosa: l’accesso alla prossima Champions, perché in caso contrario, le ragioni tecniche e quelle economiche si coniugherebbero per dar via a una nuova rivoluzione, l’ennesima. Diciamolo chiaro: nel presumibile undici titolare la squadra dell’anno scorso era più forte dell’attuale perché Salah e Rüdiger non hanno trovato sostituti all’altezza e alcuni «senatori» hanno un anno di più nelle gambe. Per il resto, era noto come l’allenatore volesse praticare un 433 aggressivo, mostrandosi spesso poco con vinto del passaggio al 4231 per cercare quei gol che mancano rispetto alla scorsa stagione. Comunque non è mai stata questione d’integralismo – la duttilità l’ha dimostrata –, ma di caratteristiche dei giocatori a disposizione. Altro di scorso, però, è quello relativo alla condizione fisica (i due secondi tempi giocati contro Milan e Shakhtar lasciano dubbi), che pare da rivedere. Detto che i prodromi della crisi c’erano già prima della sosta invernale, è possibile che i giallorossi, come aveva ventilato lo stesso tecnico, non siano tornati in forma e lo abbiano pagato con gli infortuni, nonostante si sussurri che lo stesso Di Francesco – che ieri ha parlato col gruppo (insieme a Totti) senza toni apocalittici – non abbia forzato troppo proprio per evitare danni. Postilla: pare comunque che a fine stagione Lippi e Norman, i due preparatori voluti dagli Usa vadano via..
IPOTESI RITIRO – Adesso, però, i giallorossi vogliono compattarsi, e non è escluso che da giovedì la squadra vada in ritiro a Trigoria. Di certo tanti singoli stanno deludendo. Dai vecchi (Nainggolan, per il quale Di Francesco è tornato al 4231, è stato addirittura sostituito per due gare di fila) ai nuovi (Schick). I numeri in fatti raccontano come, a oggi, nella scorsa stagione Nainggolan aveva segnato 12 gol contro i 2 attuali, Schick 8 (1), Dzeko 29 (14), Strootman 3 (1), Pellegrini 7 (2), Defrel 12 (1). In totale, insomma, mancano cinquanta reti.
CASO EL SHAARAWY – In questa ottica, fa parlare anche l’evaporazione di El Shaarawy nel novero delle scelte contro lo Shakhtar (in tribuna) e Milan (in panchina). Per l’allenatore l’attaccante deve ritrovarsi, anche se lo sta penalizzando la solitaa fragilità caratteriale. Di sicuro gennaio ha spazzato via tante certezze. Se Nainggolan – dal video di Capodanno (e relativa esclusione) – è evaporato, anche Dzeko (dal momento della trattativa col Chelsea) pare avere perso fiducia nel suo rapporto con la Roma. Che pure avrebbe tanto bisogno di lui. E non solo.