Fate spazio, perché adesso sul carro del vincitore vogliono salire un po’ tutti. Per carità, se pensiamo a quello che dovette subire Enzo Bearzot durante il Mondiale del 1982, nella marcia di avvicinamento alle quattro partite che cambiarono la storia del calcio italiano moderno (Argentina, Brasile, Polonia e Germania), quelle giunte a Eusebio Di Francesco sono state semplici carezze, ma ricordare a volte è doveroso. Senza carisma, inadeguato, dogmatico, succube dei calciatori, aziendalista: queste alcune delle prelibatezze che l’allenatore abruzzese ha dovuto digerire nel trimestre dicembre-febbraio, prima che il successo di due giorni fa contro il Napoli certificasse come il calcio non è scienza esatta a volte neppure nei bilanci certificati dei club. Certo, anche Di Francesco ha commesso i suoi errori alla guida di una corazzata però che – niente affatto stranamente – ha cambiato 14 allenatori nelle ultime 14 stagioni proprio perché, da veterani brillanti (Capello) ad esperti di talento (Spalletti) fino a neofiti geniali (Luis Enrique), tutti hanno capito come vincere a Roma sia tremendamente complicato. Una cosa è certa. Quella di sabato è parsa una rinascita da Champions, in senso stretto (la partecipazione alla prossima edizione) ed in senso più largo (battere lo Shakhtar).
IL SISTEMA – Ha ragione Di Francesco quando dice: «Se si sceglie un allenatore, si scelgono le sue idee». Nel suo vangelo, infatti, c’è il 4-3-3 di base. Ovvio che tutto è interpretabile a seconda dei momenti e della corsa, ma la nostalgia per il 4-2- 3-1 che avrebbe dovuto favorire la prolificità ha avuto nel medio termine troppi effetti collaterali nella copertura del campo e così, dopo l’apertura di credito, il tecnico ha deciso per il ritorno sulle conoscenze d’inizio stagione.
LA CORSA – Uno dei segreti, raccontano a Trigoria, è la raccolta della semina del lavoro fisico fatto dopo la sosta. Non è un mistero che alcuni giocatori durante la sosta del campionato non abbiano lavorato al massimo delle loro possibilità (eufemismo). L’effetto collaterale è stato doppio: qualche infortunio di troppo alla ripresa e qualche rallentamento nei carichi proprio per evitare nuovi stop. Il paradosso, però, era che i test fisici già a febbraio evidenziavano ottima forma, ma la miccia andava accesa dalla testa.
LA TESTA – Nessun mistero. Se prima di Napoli, soltanto contro il Benevento in casa la Roma era stata capace di ribaltare un match, mentre troppe volte la squadra si era squagliata una volta in svantaggio, è perché la miscela tra autostima e concentrazione non funzionava. In questo senso, il lavoro dell’allenatore è stato costante ed ha portato a sottolineare un aspetto: «La parola fratellanza mi piace molto; per essere squadra è fondamentale». Un concetto che nel confronto più importante della scorsa settimana è stato maggiormente sottolineato. «Di colloqui ne ho fatti tanti, quello è stato più incisivo. Ho detto che mi aspettavo di più, che dobbiamo lavorare insieme. Ci perdiamo alle prime difficoltà. Invece a Napoli abbiamo reagito alla grande ed è la squadra che vorrei sempre vedere in campo. Anche nelle difficoltà si gioca insieme, speriamo sia la vittoria della consapevolezza e che non ci faccia perdere la voglia di migliorare».
LE SCELTE – Ovvio che poi a fare la differenza siano i calciatori. Per questo Di Francesco ha puntato su Dzeko in ogni momento, anche quando la sua cessione al Chelsea sembrava oramai questione di ore. «Anche quando – ha ribadito il tecnico – mi chiedevano di far giocare Schick». Di sicuro nessuno gli chiedeva di far giocare Under e invece Di Francesco ha creduto nelle doti del ragazzo turco, venendone ripagato con 6 gol nelle ultime 6 partite (tra campionato e Champions League). Troppo presto forse per dire che è nata una stella, abbastanza invece per capire che il suo modulo necessitava di un vero esterno destro. E adesso? Se i rimpianti per le occasioni sprecate sono inevitabili, i rischi di altalena invece vanno evitati. «Non dico che sia una costante della Roma, ma di sicuro è successo anche in passato» – ha affermato Di Francesco – Ma sono certo che questa è una Roma che può battere lo Shakhtar e arrivare tra le prime 4 in campionato». Parola di timoniere.