Cosa le è rimasto dentro della Roma?
“Nonostante sia stato un periodo breve è qualcosa che mi è rimasto dentro. Forse perché quando non si è preparati, anzi si è obbligati a lasciare una cosa fa sempre male. La parentesi romana mi ha insegnato tanto, mi ha fatto crescere. Cerco sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno. Sono esperienze di vita, tornassi indietro rifarei alcune cose e altre no. Ho vissuto un anno intensissimo, sono arrivato con una situazione di tutti contro tutti: erano usciti Totti e De Rossi, la società era nei casini. Ero consapevole di ciò che stavo facendo e credevo di poter incidere. Se mi avessero supportato come nei primi sei mesi oggi parleremmo di un’altra storia. C’è il rammarico di non aver continuato un percorso molto importante che si stava facendo”.
Ha ricevuto le scuse di Pallotta e di Fonseca… “Credo che Pallotta abbia fatto chiarezza su tutto, ha fatto anche nomi e cognomi. Nel mondo del calcio, che macina tutto e tutti, gli aspetti sentimentali di una persona vengono calpestati. Era stata attaccata anche la mia persona. Qualcuno in maniera strategica ha cercato ed è riuscito a buttarmi giù dal patibolo”.
Com’è possibile che con i risultati della Roma nessuno le abbia dato una mano a rientrare? “Ho fatto le mie supposizioni, resta il fatto che la mia figura è stata sostituita in parte. Mi dicono che Tiago Pinto sia una persona molto seria ma forse non è un vero ds. Probabilmente a Roma la figura di Petrachi non serviva da un certo punto di vista, perché magari ci sono più persone che vorrebbero entrare nei meccanismi di scelta di calciatori, allenatori e della gestione. So che al figlio del presidente piace molto il calcio, quindi anche lui sta cercando di crescere per poter addentrarsi in questo tipo di sistema. Hanno fatto altri ragionamenti e potrebbero aver tralasciato la figura classica di un ds che si assume le proprie responsabilità, forse hanno scelto una figura di rilievo diversa e affiancata magari dal figlio del presidente e da una rete nuova di scout che andranno a fare. Ho pensato questo, non ad altra dietrologia. La bontà del mio lavoro comunque credo sia emersa”.
Perché ha preso Pau Lopez? “Faccio una piccola premessa. Quando fai una rivoluzione come quella a Roma, dove ho mandato via 16-17 giocatori e ne ho presi altrettanti, è normale che qualcosa venga male e qualcosa bene. Credo che l’aspetto importante, e mi sono sempre vantato di questo, sia cercare di non sbagliare l’uomo più che il calciatore. A volte l’aspetto caratteriale diventa predominante. Non ho mio nipote che lavora con me, ho otto scout. Pau Lopez nei primi sei mesi, prima del famoso derby, aveva dimostrato di avere delle qualità importanti. La sua qualità migliore era quella di far partire l’azione da dietro con i piedi. Dopo il derby si è inceppato emotivamente: se tu non ne vieni fuori da solo, diventa un dramma. Alisson sta rischiando la cessione al Liverpool, Klopp ha detto che non è più quello di prima. Capita anche ai migliori. Sai quante volte ci penso…Mi fa rabbia non poter parlare con Pau Lopez e dirgli di tirare fuori gli attributi, perché il calciatore deve avere anche quella personalità di uscire dai momenti difficili: se non riesci, evidentemente ti manca qualcosa per arrivare a un certo tipo di livello. Ci può stare. Poi ci sono i vari Spinazzola, Mancini, Smalling, Veretout: tra tanti giocatori va bene anche sbagliarne uno. Ci metterei la firma per fare sempre questo tipo di mercato. Però è giusto contestarmi per questa scelta perché ho sbagliato”.
È l’unica cosa che le possiamo contestare qui a Roma… “Ed è giusto che sia così perché ho sbagliato”.
Se domani dovesse per assurdo chiamarla la Roma, quale sarebbe la sua risposta? “Bisognerebbe capire chi vuole incidere e parlare di calcio. Questo è determinante. Ai dirigenti a cui ho sempre spiegato le mie operazioni, pur decidendo con la mia testa insieme al tecnico. Le condivisioni devono essere fatte con l’allenatore: con Fonseca ho condiviso tuto il mercato. Sono rimasto in ottimi rapporti con lui: lo reputo un ottimo allenatore, anche se avrebbe avuto bisogno di tempo per crescere da un punto di vista caratteriale. Tatticamente è molto bravo, quando l’ho scelto l’ho fatto pure per le sue caratteristiche. Un ritorno a Roma? Non capita, ma se dovesse capitare sono un professionista, per di più sono stato bene…”.
Nella conferenza stampa di presentazione di Villar ed Ibanez ha detto di non dare notizie ai giornalisti. Questo a Roma si paga… “L’ho pagata cara, è vero. Stai dicendo il Vangelo”.
Ha avuto la sensazione che all’interno chi lavorava per la Roma conosceva l’ambiente romano e come muoversi? “Ho pagato anche determinati tipi di situazioni, forse un eccesso di istintività. Se potessi tornare indietro, in quello spogliatoio contro il Sassuolo ci rientrerei mille volte perché conoscevo la mia squadra. Venti giorni fa ho mandato un messaggio a un procuratore, gli ho scritto che la Roma avrebbe perso col Parma alle 11.45. Caratterialmente questa squadra aveva sempre, anzi ogni tanto, bisogno di una motivazione. Il mister avrebbe avuto bisogno di un supporto, non perché non sia bravo a gestire, ma perché serve un’unione tra due persone. Purtroppo se tu agisci di petto e qualcuno in maniera strumentale dice che il direttore ha tutti i giocatori contro è perché ti vogliono far morire. Se alle spalle avessi avuto una società forte, ti posso garantire che sarebbe cambiato tutto. Invece alle spalle non ho avuto più nessuno”.
Solo chi è un uomo di campo lo può capire. Allora perché si mandano via tutti gli uomini di campo? “La mentalità si deve trasferire. Col Parma si doveva percepire l’insidia. Se tu non lo fai capire in determinati modi ai calciatori, è difficile accendere la lampadina quando si è spenta. Bisogna accenderla molto prima, altrimenti sei già scarico. Soprattutto in un ambiente come quello di Roma serve come il pane una persona che stia lì dentro, senta i meccanismi e faccia il cagnaccio”.
Dopo due anni su Fonseca si hanno dubbi sulla personalità… “Credo che il mister abbia grande personalità, lo ha dimostrato in alcuni frangenti perché tratta tutti allo stesso modo. Credo che lui debba fare ancora uno step per quanto riguarda la lettura settimanale di ciò che accade perché a volte bisogna alzare i giri del motore per far comprendere alla squadra determinate cose. La verità sul fatto che non si vinca tanto con le grandi è figlia di questa cosa. La Roma contro le medio-piccole si comporta in un determinato modo, le attacca altissime e non le fa respirare. Quando incontra una big tende ad abbassarsi e su questa cosa mi ero anche confrontato col mister. Questa squadra non è pronta a sapersi difendere, ma giocare. Se la Roma si fosse comportata allo stesso modo anche con le grandi, credo che avrebbe potuto veramente puntare ad obiettivi più importanti. Invece il baricentro si sposta di almeno 20-25 metri e la squadra va in difficoltà. Se tu rubi il pallone nella trequarti avversaria con giocatori come Pedro, Mkhitaryan, Pellegrini, Dzeko o Veretout soffochi l’avversario e fai gol. Se subisci e ti porti via 60 metri di campo non sei nemmeno bravo a difendere perché hai giocatori prettamente offensivi e bravi nel fraseggio. Secondo me l’aspetto principale è questo: nelle partite che contano la Roma tende ad abbassarsi. Se il mister ha provato a cambiare questo aspetto e non è stato ascoltato, questo non so dirlo”.
Fonseca, Allegri, Sarri: dal punto di vista della potenzialità qual è l’allenatore idoneo per la Roma? “Se la Roma facesse questo step in avanti, non avrebbe problemi a sostituire l’allenatore. Credo che Fonseca sia un ottimo allenatore. Allegri e Sarri hanno vinto gli ultimi due scudetti, sono comunque due certezze da un certo punto di vista. Non stai prendendo una scommessa, come Italiano. Quale sarebbe il più adatto? Bisogna capire come si vuole giocare: Sarri ha fatto sempre la difesa a 4, dovresti reimpostare l’aspetto difensivo. Anche Allegri predilige la difesa a 4 anche se negli ultimi periodi ha giocato a 3. L’aspetto più importante è capire su quali giocatori basarsi e in base a quello trovare l’allenatore funzionale”.
Venendo dalla Serie B spagnola, qual è stata la critica che più le ha dato fastidio quando ha acquistato Villar? “Non guardo tanto i giornali per evitare di innervosirmi perché non ci sono critiche costruttive. Io non mi spavento, ho sempre fatto delle operazioni su giocatori sconosciuti, anche se a Roma era più difficile farlo. Quando dicevo in conferenza che Villar poteva essere un futuro pilastro insieme a Ibanez, ci credevo e sapevo che a Fonseca sarebbe piaciuto tantissimo. Non ho perso tempo ad andare nell’ufficio del mister e anche lui mi disse di prenderlo. Delle critiche me ne sono fregato: se non hai il coraggio di fare queste cose, diventi un direttore sportivo che si basa solo sui nomi. Io mi sono sempre basato sulle scommesse perché non potevo contare su tantissimi soldi”.
Qual è l’acquisto di cui va più fiero? “Per come è arrivato Villar, era un perfetto sconosciuto. Non ci sono squadre che hanno fatto un’operazione come la mia, di solito quelli di categorie inferiori li girano in prestito. Villar ha una grande intelligenza, è riuscito a tenere botta alle pressioni di Roma, anche se da un certo punto di vista la mancanza di tifo un po’ ha falsato il campionato. Il tifo della Roma si sente sia in casa sia fuori. Proprio in merito a questo io mi ero arrabbiato contro il Sassuolo: c’è gente che fa tanti sacrifici e viene in curva lo stesso, non potevo non far leva sui sacrifici che molti tifosi fanno per seguire la propria squadra. Se dopo 20′ stiamo sotto 3-0 e non ci stiamo capendo niente anche a me sale il sangue in testa. A volte serve uno scossone di quel tipo, chi fa calcio sa queste cose, mi sembrava la cosa giusta da fare in quel momento. L’ho fatto nel Pisa e nel Torino, ma non è che Petrachi entra nello spogliatoio tutte le volte, ribalta i tavoli e toglie la parola all’allenatore. Non sia mai, l’allenatore è quello che gestisce determinate cose. Non sono entrato nell’aspetto tecnico, non ho mai scavalcato nessuno”.
Ci racconta di Antonio Conte? “Su questo tema mi asterrei perché non credo sia giusto parlarne”.
Può dirci se ha provato a portarlo a Roma? “Con Conte siamo cresciuti insieme calcisticamente, in più era anche un allenatore disoccupato. (ride, ndr) Tutto poteva accadere”.
La sensazione è che a Roma servano personalità alla Conte… “Servono nei club a prescindere. Se la Roma non vince qualcosa di importante da tantissimi anni, qualcosa dovrà domandarsi. Non si vince con le figurine, ma strutturando una società, cercando di far remare tutti dalla stessa parte. Bisogna essere dei cani affamati, altrimenti non vinci. Vincere è difficilissimo. Antonio non struttura solo l’aspetto tecnico, la storia dice che Conte è stato determinante nella ricostruzione della Juventus, che ha continuato a vincere”.
Mancini, Ibanez, Villar, Veretout, Pellegrini e Zaniolo. Secondo le la Roma è a rischio di dover fare ancora delle plusvalenze per salvaguardare il bilancio? “Se i Friedkin non mettono i soldi sì. Con i debiti regressi che c’erano sicuramente bisogna fare plusvalenze, a meno di una ricapitalizzazione. Il problema è quando non hai giocatori da vendere e questo patrimonio tecnico. I nomi che tu hai citato sono vendibilissimi, che la Roma ha come patrimonio”.
Con sette vittorie e un pareggio nelle ultime dieci partite si può secondo lei agguantare il quarto posto o è una missione impossibile? “Non c’è nulla di impossibile nel calcio. Sinceramente non sto più vedendo l’unione di intenti che si era creata qualche tempo fa. Ho paura che si stia già pensando al prossimo futuro, questa è solo una mia sensazione. Ora si mette in discussione l’allenatore, queste cose destabilizzano. Ma uno deve star dentro per esprimere un giudizio. Mi sembra che la squadra sia scarica e abbia perso delle certezze, la preoccupazione è che non ci sia il trend dello scorso anno ma mi auguro che la Roma faccia bene. Più la Roma fa bene, più c’è la bontà del mio lavoro. Sono il primo ad essere contento per ciò che fa la Roma. Vedo la squadra in fase calante, spero di sbagliarmi perché significa che la Roma potrà continuare a lottare fino in fondo per qualcosa di importante”.
Il suo futuro? “Spero che le mie parole non vengano travisate. Già stanno facendo dei titoloni. Petrachi a breve ripartirà in maniera importante. Magari le strade si incroceranno più avanti, fra qualche anno, non voglio pensare che la storia sia finita”.
Quando è arrivato c’erano giocatori già promessi all’Inter…Terrei stretto qualcuno che difende la Roma e la romanità come in quel caso… “Vorrei spezzare una lancia in favore del capitano, di Dzeko, anche se so che purtroppo non lo è più. Posso garantire che alla Roma ci ha sempre tenuto. Quando gli chiesi di rimanere lo ha fatto non volentieri, di più. A volte ha subìto anche delle critiche, ma immaginate cosa ha patito nell’ultimo anno. E’ un ragazzo sensibile. A volte sembra che giochi come se non avesse voglia, ma vi posso garantire che ci tiene troppo. Credo che abbia vissuto male per più volte il famoso distacco dalla Roma che non è mai avvenuto. Ha dimostrato con i fatti di essere un ragazzo strepitoso e gli auguro di cuore di segnare a valanga perché lo merita. Ho detto ‘La Roma non è la succursale di nessuno’, lo ricordo bene”.
FONTE: Gold TV