In un’intervista, l’ecìx difensore giallorosso, Cristian Chivu, ha parlato di uno dei suoi difficili momenti quando giocava nella Capitale:
“Ho sempre cercato di trovare soluzioni nonostante le difficoltà e senza mai chiedere aiuto. Quando ero alla Roma però mi feci aiutare da uno psicologo. Ci fu una situazione che mi fece traballare, finivo le partite e vomitavo per un senso di ingiustizia che sentivo nei miei confronti, provavo stress, ansia e rabbia. Nacque tutto da un’intervista rilasciata dopo il passaggio di Capello alla Juventus: mi chiesero se mi sarebbe piaciuto lavorare ancora con lui, che mi aveva portato in Italia, in futuro. Io risposi che era un grande allenatore e che mi avrebbe fatto piacere essere ancora allenato da lui. Il titolo del giornale del giorno dopo fu “Chivu alla Juventus””.
“Andavo in campo ed ero fischiato da tutto lo stadio, così chiesi aiuto. Sapevo i sacrifici che facevo, un giorno mi lussai l’alluce del piede in casa della Sampdoria e mi dissero che avrei dovuto usare le stampelle per almeno un mese. Vado a casa, la Roma avrebbe dovuto giocare l’ultima prima di Natale in casa contro il Chievo. La sera prima della partita, Spalletti mi chiama per dirmi che era rimasto senza centrali di difesa, chiedendomi se me la sentissi di giocare. Gli risposi che mi sarei sacrificato per lui e per il gruppo. Arrivai direttamente il giorno della gara allo stadio con le stampelle e, grazie alle infiltrazioni, riuscii a giocare. Ovviamente ricevetti una bordata di fischi anche in quell’occasione. Ricordo che piansi, più per gli insulti che per il dolore perché in carriera ho sempre messo gli interessi della squadra davanti ai miei. Alla fine i fischi cessarono con le nostre 11 vittorie di fila in campionato, record superato solamente dall’Inter, toccando il punto più alto dopo la vittoria nel derby contro la Lazio. Da quel momento, tutto tornò come prima”.
FONTE: Cronache di spogliatoio