La Roma avrà sempre un posto speciale nel cuore di Javier Weiner, ex scout giallorosso che alla fine della stagione scorsa ha lasciato il club:
“Ho imparato tanto dai miei colleghi e da Tiago Pinto – racconta l’osservatore nella nostra intervista – da lui ho appreso soprattutto i tempi del mercato, il trovare il momento giusto per andare su un giocatore”.
“Il mio obiettivo è essere il migliore in quello che faccio, se arriva un progetto interessante mi piacerebbe anche rimanere in Italia. Voglio un club dove posso rischiare, come fa un centrocampista a sapere se sa fare lanci di 40 metri se fa solo passaggi corti al compagno vicino?!”.
A 28 anni hai già un’esperienza importante alle spalle… “Vengo da una famiglia di calcio, mio padre ha fatto scouting e consulenze anche per club italiani, dal 2011 avevamo un nostro ufficio nel quale io e mio fratello facevamo scouting, segnalavamo giocatori a mio padre che li consigliava ai club: faccio report da quando ho 15 anni, poi nel 2016 con mio fratello abbiamo firmato con il Bayer Leverkusen. Io ho continuato questo lavoro, lui è diventato allenatore e oggi a 31 anni è sulla panchina dell’Imbabura in prima divisione ecuadoregna”.
Com’è andata l’avventura al Leverkusen? “Avevamo il compito di andare a vedere le partite della squadra Under 19 del Bayer, c’era un ragazzino che mi aveva rubato l’occhio: era lento, ma toccava il pallone in un modo diverso dagli altri. Giocava con la 10 sulle spalle, era Kai Havertz”.
Al Racing Avellaneda hai lavorato insieme a Milito… “E’ una leggenda, ma quando sei faccia a faccia con lui ti rendi conto della sua umiltà. Lavora tantissimo, sempre più di te. Ogni lunedì ci vedevamo nel suo ufficio e iniziava a chiederci informazioni su tutti i giocatori che seguivamo, e in quel periodo avevamo sott’occhio 6/7 campionati eh. Faceva domande specifiche: come mai, per esempio, era stato sostituito un giocatore che avevamo in lista nonostante avesse fatto un assist”.
L’anno in cui sei arrivato al Racing è andato via Lautaro, hai fatto in tempo a incrociarlo? “Sì, siamo stati sei mesi insieme. Era uno dei pochi calciatori che quando arrivava passava a salutarci in ufficio, e ogni tanto si fermava insieme a Milito a guardare in video i giocatori che stavamo seguendo”.
Qual è il tuo metodo di lavoro? “E’ molto importante avere una grande rete di contatti, e ascoltare. La base del lavoro di uno scout sta nel saper separare i propri gusti su un giocatore da giudizi oggettivi. Io penso che un osservatore deve guardare con gli occhi dell’allenatore, pensare con la testa del direttore sportivo, ragionare con i soldi del presidente e sentire con il cuore del tifoso. Voglio aggiungere una cosa”.
Prego… “Lo scout deve lavorare nella sfera delle probabilità, non delle possibilità. Faccio un esempio: Mbappé può andare in un piccolo club? E’ possibile, ma non è probabile”.
Hai un tuo database di giocatori che segui? “Ne ho uno mio personale che aggiorno ogni sei mesi, con più di 1000 calciatori all’interno; sono soprattutto sudamericani con passaporto italiano. Li ordino in base a diverse voci: campionato, squadra, posizione, anno e un mio voto sia sul livello attuale che su quello potenziale. Ma nei top club si lavora sul database della società”.
Spiegaci… “Al Raing avevamo un foglio Excel dove io inserivo le relazioni che mi mandavano gli altri osservatori, nella Roma invece c’è un database con una struttura interna: basta un clic e si ha a disposizione una lista di giocatori seguiti negli ultimi anni”.
Sul tuo profilo Instagram c’è una foto con te, Mourinho e la Conference League… “E’ una persona semplice. Anche se, quando ti guardava negli occhi con lo sguardo serio, non potevo avere dubbi su quello che dicevo; dovevo essere convinto, e questa convinzione la acquisti solo lavorando sodo”.
Quante partite guardi al giorno? “Massimo due, perché già così parliamo di 44 giocatori da seguire; se si vuole osservare con profondità non si può andare oltre. Il discorso è diverso se stai seguendo un solo calciatore, in quel caso guardo anche 3 partite in un giorno concentrandomi su di lui”.
Cos’è cambiato nel passaggio da Mourinho a De Rossi? “E’ stato un momento strano, ma anche De Rossi mi ha fatto un’ottima impressione. Ascolta molto ed è sempre chiarissimo quando chiede giocatori sul mercato: indica le caratteristiche specifiche che deve avere secondo lui un nuovo acquisto”.
Qual è il calciatore migliore che hai segnalato alla Roma? “Kendry Paez. Siamo stati vicini a prenderlo, ma non siamo riusciti per problemi burocratici. La prima volta l’ho visto quando aveva 15 anni e mi aveva subito colpito, oggi mi rendo conto che anno dopo anno migliora sempre di più. In questi anni però siamo stati molto vicini anche a un altro giovane sudamericano”.
Chi? “Facundo Buonanotte. L’ho seguito per un anno intero ancora prima che debuttasse in prima squadra, era senza contratto e con passaporto italiano; anche in quel caso però è saltato tutto per problemi legati alla burocrazia”.
Il giovane più forte che hai visto da quando fai questo lavoro? “Mi devo ripetere, Kendry Paez. A 15 anni giocava contro avversari più grandi ed era sempre il migliore, è venuto in Europa a fare un torneo con Inter e Salisburgo ed è stato il migliore; è salito nell’Under 16 e continuava ad essere sempre il migliore così come lo è oggi in prima squadra. E ora gioca anche con la 10 dell’Ecuador”.
FONTE: calciomercato.com