Contro l’Hellas Verona due settimane fa ha segnato il primo gol in Serie A. Quello del pareggio, in una partita pazza, indirizzata e decisa dalla meglio gioventù giallorossa: Zalewski, Volpato e appunto Edoardo Bove: “Sono state due settimane importanti. Ovviamente da ricordare, ma anche normali. All’inizio l’emozione istantanea del primo gol rimane per uno due giorni, poi passa e la vivi tranquillamente come ogni settimana di allenamento. Non mi ha spostato più di tanto, poi Mourinho ti aiuta a focalizzarti molto su quello che c’è da fare, non puoi permetterti un rilassamento dovuto ad una buona prestazione o un gol. Devi metterti in riga, perché poi il calcio è così: un giorno sei acclamato quello successivo è già tutto dimenticato. Devi rimanere sempre sul pezzo”.
Un focus sugli obiettivi dimostrato anche nella esultanza composta e semplice. Molto apprezzata dai tifosi della Roma: “Guarda ti dico, il primo pensiero è stato tornare a centrocampo per fare un altro gol. Istintivamente mi è venuto di correre verso il centrocampo, riprendere velocemente il gioco e fare un altro gol. Nessun pensiero alla prima volta, quasi nessuna emozione. Lì per lì, ovviamente. L’unica cosa che ho fatto è stato guardare verso la tribuna dove stavano i miei genitori. Li ho cercati con lo sguardo, ma non sono riuscito a vederli. Credo però che loro mi abbiano visto”. La risata scatta automatica.
Il rapporto con i genitori, un valore importante e non retorico dimostrato a poche ore dall’emozione più forte della giovane carriera: “Come fatto in campo, poi nel post partita non ho festeggiato in chissà quale modo. Ho preferito focalizzarmi sulla mia famiglia. Sono stato con i miei genitori sia la sera stessa che il giorno dopo. Secondo me era un momento da condividere e celebrare con loro per i tanti sacrifici fatti negli anni”.
Nel racconto intimo della propria famiglia, Bove inizia una modalità di espressione che sarà la costante della chiacchierata. Spiegare meglio, per esprimere bene, senza fraintendimenti il proprio pensiero. Un bellissimo requiem al preconfezionato: “Ti faccio un esempio, che vale per tutti i ragazzi. Da quando hai 8-9-10 anni i genitori vivono e si organizzano in funzione di una tua passione, di un tuo divertimento. Ti accompagnano ai cancelli di Trigoria, aspettano fuori, che sia inverno o estate, caldo o freddo, senza vedere cosa fai lì dentro. Poi dopo un paio d’ore ti riprendono esattamente come ti hanno lasciato. Tutto questo per anni e anni. Beh, dopo il primo gol in Serie A, glielo dovevo. Perché tutti i genitori di qualsiasi ragazzo delle giovanili devono credere nei propri figli, non sapendo se realmente succederà qualcosa. Ed è un amore che va al di là di ogni cosa”.
Forse non è amore, ma che Mourinho apprezzi molto le qualità di Bove è sotto gli occhi di tutti. Tra scelte e dichiarazioni, il portoghese non ha mai fatto sentire “meno” degli altri centrocampisti il giovane 19enne: “Dopo il gol non mi ha detto nulla di particolare. Sembra strano, ma per me è una cosa molto bella perché significa che lui quel momento non lo ha visto come un evento eccezionale. Non c’era un motivo particolare per dirmi che ero stato bravo. In allenamento ci chiama spesso bambini per scherzare un po’, ma poi davvero ci tratta esattamente come i giocatori più esperti, tanto nei momenti negativi quanto in quelli positivi. Ti faccio un esempio, – appunto – prendi il capitano Pellegrini. Un suo gol o una sua grande prestazione viene vista come la normalità, ecco per me o per Nicola(Zalewski, ndr) è la stessa cosa. Certo, è più difficile il dopo che il momento esatto. Perché devi dimostrare che non è stato un caso, un evento eccezionale”.
Come giocare male, esattamente come i grandi: “Mi ricordo che dopo la partita con l’Inter (Bove è entrato al 60’ sullo 0-3, ndr) il mister mi ha preso da parte e mi ha detto: «so che era una situazione difficile, ma non mi è piaciuto per niente come sei entrato». Lui è diretto, non ha peli sulla lingua. Ti dice le cose in faccia e ti fa capire quello che vuole da te. Se fai parte o no del progetto, se devi cercarti un’altra squadra, se stai facendo bene o se devi fare meglio. E questo lo apprezziamo molto”.
In tutto lo spogliatoio. Parola di Bove. Un ragazzo entrato in punta di piedi ma già parte integrante di un gruppo che a detta dei protagonisti è un blocco unico: “Ovviamente noi giovani stiamo spesso insieme. Scherzo molto con Zaniolo che è il mio vicino di spogliatoio. E poi Tammy, lo prendo spesso in giro per il suo italiano. E lui ovviamente non me ne fa passare una in inglese, mi corregge sempre. Ma tutto il gruppo è molto unito”. (…)
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FONTE: gianlucadimarzio.com – M. Juric