Il giovane giallorosso e Capitano della Roma Primavera, Jacopo Mirra, ha rilasciato un’intervista nello spazio “Dreaming Roma“:
Oggi abbiamo in studio il capitano. Ciao Jacopo, come stai? “Tutto bene, Marco, grazie. Se state bene voi, sto bene anch’io, sia in campo che fuori”.
A tuo agio più in campo o in studio? “In tutte e due le situazioni. Sto bene”.
Quindi non sei il tipo da “calcio, solo calcio e basta”? “Ma no. In realtà sì, sono un ragazzo un po’ riservato, almeno così sembro. Poi chi mi conosce lo sa: sono abbastanza simpatico e loquace”.
Essere riservato non significa non essere simpatico, giusto? “Esatto”.
Che ragazzo sei fuori dal contesto campo? In campo sei molto serio, non a caso sei capitano. Con gli amici che tipo sei e cosa ti piace fare nel tempo libero? “Mi piace divertirmi, come penso sia normale per un ragazzo di 19 anni. Scherzo molto con i compagni, anche per sdrammatizzare situazioni più tese. Mi reputo simpatico, ma l’impressione di riservatezza rimane: all’inizio sembro un po’ sulle mie, ma non me la tiro, ho solo bisogno di confidenza. Cerco anche di capire di chi posso fidarmi”.
Nato a Roma: in che zona? “Selva Candida, verso Ottavia, Roma Nord”.
Vivi ancora lì? “Sì”.
Bel viaggio per venire a Trigoria. “Eh sì, 30 km. Ora li faccio da solo. Da piccolo mi accompagnavano i miei. Poi ho avuto la macchinetta: non potendo fare il raccordo, dovevo passare per il centro. Inoltre, essendo alto, a un certo punto dentro la macchinetta non entravo più”.
Nato il 10 luglio 2006, con la città che festeggiava il Mondiale. C’è un aneddoto? “Mamma e papà me lo raccontano sempre. Dopo i festeggiamenti erano tornati a casa dei nonni. Papà si era messo a letto per vedere in tv la festa, e mamma gli ha detto che le si erano rotte le acque. Dovevano correre tutta la Trionfale fino al Gemelli, ma c’era traffico. Io sono nato il 10, poche ore dopo la mezzanotte”.
Sei un campione del mondo in erba… può portare fortuna. “È il sogno di tutti i bambini”.
Adesso che sei grande, che rapporto hai con la città? “Per me Roma è la città più bella del mondo. Ogni ragazzo romano e romanista come me sogna di indossare questi colori”.
Dove hai iniziato a giocare? “Al Casalotti, vicino casa. Poi un anno all’Urbetevere e infine il provino con la Roma. Questo è l’undicesimo anno”.
Famiglia romanista? “Papà romanista, dalla parte di mamma più simpatizzanti. Papà era contentissimo quando mi hanno preso; io lo vivevo da bambino di nove anni”.
Quando hai realizzato davvero di giocare nella Roma? “Forse verso gli 11-12 anni. Prima era tutto un gioco. Poi dai 15-16 anni, con i campionati nazionali, capisci che sta diventando qualcosa di più serio”.
C’è una persona o un momento che ricordi di più? “Tutti i tornei da piccoli, i viaggi in Europa e in America, le amicizie con Mattia e Almaviva, che sono ancora qui”.
La partita che vorresti rigiocare? “La finale Under 18 Roma-Genoa che abbiamo perso. Brucia ancora”.
Durante il Covid, da Under 15, come hai vissuto la pandemia? “Non benissimo, come tutti, ma avendo il giardino giocavo spesso col pallone, mettevo mio fratello in porta”.
Sempre difensore centrale? “Sì, da quando si gioca a 11”.
È cambiato tanto il ruolo? “Molto. Oggi il difensore deve saper costruire, far partire l’azione pulita. Non è più solo difendere”.
Le tue caratteristiche principali? “Mi reputo veloce e con buona tecnica. Da migliorare l’uno contro uno e la marcatura sull’uomo”.
In prima squadra com’è il salto? “Ritmi altissimi, grande fisicità e tecnica. Marcare Baldanzi, Ferguson e Dovbyk non è semplice”.
Lo scorso anno non sei stato fortunato fisicamente… “Ho avuto uno sviluppo tardivo: prima non avevo fasce muscolari sviluppate, entravo in campo senza riscaldamento. Poi sono arrivati problemi al flessore: infortunio a gennaio e ricaduta. È stato un periodo buio, ma mi ha insegnato tanto: prevenzione, fisioterapia, palestra. Ora vengo prima agli allenamenti e lavoro su macchinari specifici”.
Essere capitano influisce? “Sì, la fascia porta responsabilità. Sono orgogliosissimo di indossarla. Cerco di aiutare i più piccoli e tenere il gruppo unito. Si può essere leader anche senza fascia, ma dare l’esempio è fondamentale2.
Ora sei all’ultimo anno di Primavera: lo vivi come “quello decisivo”? “Sì, sono consapevole che l’anno prossimo ci sarà il calcio dei grandi. Sono curioso, più che spaventato”.
Ti piacerebbe provare un’esperienza fuori? “Sarei curioso di vedere come mi comporto fuori dalla comfort zone. Ma il sogno è fare tutta la carriera qui”.
Ti senti pronto per il professionismo? “Sì. Penso di essere sempre stato maturo anche da piccolo. Fuori dal campo curo sonno, recupero, alimentazione”.
Avresti mai immaginato tutto questo? “No. Se l’avessero detto allo Jacopo di 8 anni, non ci avrebbe creduto. Dopo 11 anni, essere capitano all’ultimo anno è bellissimo”.
Il sogno? “Vincere il Mondiale e lo scudetto con la Roma, come ogni bambino”.
Il prossimo step? “Confrontarmi con il calcio dei grandi e farmi valere”.
La maglia della Roma è bella o pesante? “Bella, non pesante. È un orgoglio”.
Cosa significa per te la Roma? “Tutto. Ho vissuto più della metà della mia vita qui dentro. Prima della Roma ricordo poco. È tutto”.
In bocca al lupo. “Grazie”.
FONTE: asroma.com / AS Roma You Tube











