L’allenatore della Roma, Daniele De Rossi, è il.rpimo ospite della rubrica “We Play”:
“Il primo approccio con gli eSports è stato puramente a scopo di lucro, era un investimento per me inizialmente. Io sono sempre un po’ curioso, cerco sempre di capire un po’ di più. Questa cosa me l’ha proposta una persona di cui mi fido tanto che mi ha esposto la situazione, mi ha spiegato come si stava in fretta sviluppando questo mondo, anche se più oltreoceano che in Europa, stava diventando un fenomeno incredibile. Quindi al di là del discorso meramente economico, era una realtà che mi affascinava tanto. L’intuizione di questa persona è stata fidarsi delle persone che hanno poi messo in piedi questa realtà, che ad oggi continua a espandersi. Io non sono un vero e proprio gamer o malato di giochi come tanti colleghi e compagni di questa avventura di investimento. Ho iniziato a interessarmi e ho scoperto un mondo affascinante. Ci sono tante similitudini con quello che è stato il mio mondo per tanti anni. Da che era partito come un investimento per vedere cosa potesse succedere, ora siamo diventati parte di una famiglia. Si gioca spesso in squadra e si lavora allo stesso modo, ci sono ragazzi che vengono addirittura a vivere nella gaming house per brevi periodi. Il primo grande evento al quale ho assistito è stato il Mondiale di FIFA che abbiamo vinto ed è stato appassionante. Guardavo dei ragazzi che sarebbero potuti essere miei fratelli minori giocare alla play, c’era anche uno che faceva la telecronaca in diretta. Assomigliava al vero e proprio Mondiale, c’erano centinaia di paesi collegati”.
Poi continua ancora… “C’è anche l’aspetto manageriale, calcistico, di business e lo abbiamo scoperto successivamente. Come tutte le squadre di calcio c’è una sostenibilità da prendere in considerazione, così come il management, che cerca i talenti migliori e deve prendere le decisioni migliori per la sopravvivenza della squadra. Ci sono quindi tante cose simili al calcio. I ragazzi più giovani utilizzano sempre di più la tecnologia e le console, possiamo far capire loro il senso della sconfitta, della vittoria e della competizione, facendoli appassionare a competere contro il computer o un avversario che si trova dall’altra parte del mondo. Con un click siamo connessi a tutto il mondo. Poi c’è l’aspetto della genitorialità, per educare i nostri figli non possiamo chiedere troppo aiuto alla tecnologia, da padre devo essere il primo esempio e a trasmettere i valori giusti sia quando gioca online sia quando lo fa al parco”.
L”introduzione della tecnologia nel calcio… “Tutto ciò che è nuovo nel calcio viene dalla tecnologia, faccio fatica a pensare che il calcio arrivi prima degli eSports in determinate branche tecnologiche. Nel calcio hanno un impatto più visibile a livello mondiale, mentre nel gaming è limitato. Nel calcio utilizziamo molta tecnologia soprattutto nell’analisi dei match e dubito che nel gaming non ci siano cose simili, magari ancor più qualitativo ma con una clientela minore. Ho scoperto da poco che c’è una piattaforma di scouting del gaming, è simile a ciò che facciamo noi. Abbiamo tante piattaforme e lì vai a filtrare le caratteristiche di un calciatore e ti può aiutare a scremare e a risparmiare tempo nel momento in cui devi scegliere un giocatore da comprare. Nel gaming sono ragazzini e pro players con la webcam accesa e si fanno notare dalle varie squadre in giro per il mondo”.
La crescita degli eSports… “Il gaming ha margini giganteschi, probabilmente 10 anni fa neanche esisteva. Giocare alle console era puro divertimento con gli amici e non poteva essere un lavoro. L’altra volta ho visto che le partite di tennis venivano giocate all’interno dello stadio del Roland Garros. In futuro questi sport si avvicineranno moltissimo alle platee. Non so quanto possa essere positivo cercare di unire il gaming allo sport reale, ma c’è del buono da cogliere in entrambe le categorie”.
FONTE: DAZN