Manca qualcosa nella tua descrizione di Wikipedia?
“Diciamo che su falso nueve ci devo ancora lavorare però per il resto siamo sulla buona strada”.
In pochissimo tempo hai fatto vedere tantissime cose. Sapevi di saper fare tutte quelle cose lì? “Speravo di farle. Conoscevo mie caratteristiche. Pensavo di poterle fare ma non in così poco tempo”.
Ti sei sempre definito trequartista, in futuro? “Da trequartista mi sono sempre divertito giocando perché quando vado in campo la prima cosa penso a giocare e divertirmi e da trequartista ci riesco meglio. Posso fare anche la mezzala, come l’esterno per le caratteristiche che ho. Non mi vedo ancora in un ruolo definito perché mi devo definire ancora bene come calciatore”.
Una persona che conosci ha detto secondo lui cosa sei, Federico Balzaretti: “Per caratteristiche fisiche e tecniche penso faresti la differenza a livello mondiale come interno di centrocampo. Sono orgoglioso di te”… “Federico l’anno scorso mi ha aiutato molto ad integrarmi, mi ha dato tantissimo consigli, lo devo ringraziare tantissimo. Ci sono anche difetti da migliorare, come il piede debole o la scelta della giocata e l’ultimo passaggio. Mi ci rivedo in queste cose perché le sto dimostrando e spero di continuare a farlo”.
Ti mostro il tesserino di quando eri bambino… “Questa è la prima foto che ho fatto per il cartellino. Qui mi sembra che giocavo nel Canaletto. L’anno dopo sono andato nel settore giovanile dello Spezia dove c’era l’iscrizione. Dopo sono tornato a Canaletto un anno e poi al Genoa ma per motivi logistici non mi potevano trasportare con il pulmino e ho dovuto cambiare. Sono andato alla Fiorentina dove c’era la possibilità di andare da La Spezia a Firenze con il pulmino e l’ho fatto per tre anni. Mi ricordo che uscivo 10 minuti prima da scuola e all’una e dieci avevo il pulmino da Carrara per Firenze, tornavo a casa alle 9 di sera. A 14 anni poi mi sono trasferito a Firenze in convitto con le persone che venivano da lontano”.
Hai sempre pensato di fare il calciatore? “Nella mia carriera calcistica, soprattutto nel settore giovanile, non sono mai stato uno di punta, non visto come uno che doveva arrivare. Sono sempre stato piccolo fisicamente, dovevo entrare nella fase dello sviluppo e quando la Fiorentina mi ha detto che non potevo stare più lì per motivi tecnici sono andato via ma con lo stesso entusiasmo e voglia di giocare a calcio. Sono andato all’Entella dove ho trovato più spazio e persone che credevano in me”.
L’Entella è stato un all-in perché se non fosse andato bene lì non saresti come oggi… “Sono arrivato a preparazione quasi finita. Ero al bar di mio papà e nelle prime quattro partite non avevo giocato. Mi ero messo a piangere dicendo a mio padre che se non avessi giocato lì avrei dovuto cambiare sport o dedicarmi ad altro. Mi sono detto che magari le qualità non c’erano. Mio padre mi ha detto di provare a fare l’ultima settimana a mille, senza avere rimorsi e io l’ho fatta. Da quella partita ho iniziato a giocare e non sono più uscito”.
L’esordio in Serie B? “Eravamo a Benevento. Erano due-tre settimane che il mister Breda mi parlava e mi diceva che mi stavo allenando bene e che dovevo continuare così. Diciamo che era nell’aria ma non me lo aspettavo a Benevento perché era una partita delicata, contro una squadra forte. Eravamo 0-0 e il mister all’80esimo mi ha detto di andarmi a scaldare perché dopo 5 minuti sarei entrato. Ho fatto gli scatti più veloci della mia vita. Da lì è iniziato tutto”.
Debutto in Champions League con il Real Madrid e chiamata in Nazionale senza neppure una presenza in Serie A. Mi racconti quella settimana? “Non ti nascondo che sapevo di giocare quella partita già dalla mattina, sono rimasto tutto il giorno a fissare il soffitto, incredulo. Sembravo paralizzato, ero stato al Bernabeu solo per una gita. Nel sottopassaggio non vedi il campo, vedevo solo accanto a me una muraglia di maglie bianche e gente come Ramos, Bale e Modric. Devi restare solo tranquillo e pensare che se il mister ti sta facendo giocare in un momento come quello vuol dire che te lo meriti ed ha visto qualcosa in te. Ho provato a dire il mio meglio e non è andata così male. La prima chiamata in Nazionale è stata poi un’altra sorpresa. Ero a cena con degli amici miei, a mangiare una pizza, vedo il mio nome nelle convocazioni e penso subito ad un errore. Poi la notizia continuava a girare ovunque e quindi ci ho sperato. La chiamata del team manager poi mi ha confermato la convocazione, dicendomi che dopo due giorni sarei dovuto andare a Coverciano e sono scoppiato subito a piangere. Ho chiamato mia mamma e mio papà e si sono messi a piangere anche loro. è stato un fine settimana perfetto, non ho dormito tutti e due i giorni. A Coverciano ero come un ragazzo al parco giochi”.
Nicolò Zaniolo ha bruciato sempre le tappe nella sua vita, anche quella del primo goal in Serie A, arrivato ben presto nella scorsa stagione con una magia contro il Sassuolo… “Dopo il primo goal in Serie A, quello del pallonetto contro il Sassuolo, mio padre mi ha detto ‘Come ti è venuto in mente di fare quello scavetto?’. I compagni romani, come Florenzi o Pellegrini, sono stati più schietti: ‘Ammazza che cazzo hai fatto’.”
FONTE: DAZN