Alla Roma stasera serve un punto (oppure un pareggio del Qarabag contro il Chelsea, oggi alle 18) per qualificarsi agli ottavi di Champions e chiudere il cerchio. Tutto è cominciato il 12 settembre, all’Olimpico, con lo 0-0 contro l’Atletico che sembrò un mezzo miracolo. Fu la serata di Alisson, che parò tutto e convinse i tifosi giallorossi che la partenza di Szczesny per la Juve non era stata una tragedia. Quando non ci arrivò il portiere della Nazionale brasiliana furono gli attaccanti dell’Atletico a sbagliare (il dato sui tiri nello specchio della porta spiega tutto: 10 a 1 per i colchoneros). Diego Perotti ricorda soprattutto l’occasione divorata da Saul, a tempo scaduto: «Forse è vero, il pari dell’Olimpico è stato decisivo. L’Atletico ha avuto le occasioni migliori, se Saul avesse segnato le cose sarebbero andate diversamente per noi e per loro. Ma va detto che i due pareggi dell’Atletico contro il Qarabag sono stati inaspettati e quelli sì davvero determinanti».
Molto è cambiato da allora. La Roma ha preso coscienza della propria qualità: ha strappato quattro punti su sei al Chelsea in Champions («E a Londra meritavamo di vincere noi», ha detto Di Francesco con orgoglio) e ha risalito posizioni in campionato. La vittoria di sabato nel derby ha certificato una crescita esponenziale nel gioco e nella mentalità. L’Atletico, invece, non è riuscito a vincere neppure una delle quattro partite di Champions e soffre il nuovo stadio, il Wanda Metropolitano, che è molto diverso dal fortino quasi inespugnabile del Vicente Calderon. In campionato la squadra di Simeone è quarta, ma ha già 10 punti di distacco dal Barcellona. In Champions servirà una serie di miracoli incrociati per andare avanti. La Roma doveva essere il vaso di coccio italiano tra i vasi di ferro della Juventus (due finali nelle ultime tre edizioni) e del Napoli (il Nuovo Calcio Paradiso di Sarri, celebrato da Guardiola). Stasera, invece, i giallorossi possono già qualificarsi, mantenendo in ogni caso il paracadute dell’ultima partita del girone il 5 dicembre, all’Olimpico, contro il Qarabag. Un discorso, però, che non convince Di Francesco: «Per natura non mi accontento e non faccio programmi. Roma spesso è una città che ti fa sedere sugli allori e non lo voglio proprio».
Anche per questo l’allenatore abruzzese ricorrerà come sempre al turnover, ma lasciando in campo i punti fermi: Kolarov, Nainggolan e Dzeko. Florenzi non è partito per un’infiammazione al ginocchio destro (non quello operato) e sarà sostituito da Bruno Peres; ballottaggio tra Manolas, Juan Jesus e Fazio per due maglie; Gonalons e Pellegrini dovrebbero dare un turno di riposo a De Rossi e Strootman a centrocampo; nuova occasione per Gerson da esterno d’attacco — dopo Stamford Bridge e Firenze — al posto di El Shaarawy. Domenica prossima la Roma è attesa da una trasferta non facile in casa del Genoa, che con Ballardini in panchina sembra aver ritrovato fiducia, ma non è questo il momento di pensare al campionato: «Metterò la squadra migliore, perché ci giochiamo la qualificazione e il primo posto nel girone». Di Francesco style. Umili, non falsi umili.