La confessione di sognare un top club, la rabbia, la traduzione sbagliata che in realtà non lo era, il confronto con Monchi e il messaggio distensivo di fine giornata: è bastata un’intervista spudoratamente sincera per innescare questa serie di eventi ed emozioni contrastanti nel giro di 24 ore. Schick è il protagonista di un caso scoppiato con oltre un mese e mezzo di ritardo, e di cui non si è detta o scritta ancora tutta la verità. Noi ci proviamo, basandoci sull’originale del magazine Reporter che abbiamo avuto la fortuna di sfogliare. Il contesto, per esempio, non è quello che si poteva immaginare: «Mezz’ora fa è finita la partita, la Roma senza grandi sforzi ha battuto l’Udinese 3-1. In pantaloncini e maglietta Patrik sedeva nella tribuna vip perché al momento è infortunato». È il 23 settembre e l’attaccante è fermo per un ematoma al retto femorale. Il giornalista prosegue: «Ora siamo seduti nella sua Mercedes nera, non adatta al caotico traffico romano, e procediamo verso il Novotel Roma Eur, dove al momento vive, perché non gli sono piaciuti i primi 3 appartamenti proposti dal club». La società per due settimane paga l’albergo ai nuovi acquisti, poi li indirizza per trovare casa e Schick, insieme alla compagna Hana, ci ha messo un po’ più del previsto perché ha gusti super moderni, ma alla fine ha accettato il consiglio della Roma e, ai primi di ottobre, è andato ad abitare all’Eur a due passi da dove c’era il velodromo.
La chiacchierata della discordia è avvenuta al bar di fronte al Novotel, quasi come una conversazione informale tra connazionali. Ma così non è stato, l’intervista ha fatto clamore e non è stata frutto del classico ritorno in patria, dove capita spesso che un giocatore si senta libero di dire quello che vuole. Stavolta è successo a pochi chilometri da Trigoria ed è stato poi difficile gestire le conseguenze delle dichiarazioni senza filtro di un 21enne passato in fretta dall’umile realtà del Bohemians alla prima piazza importante, la Roma. «Sono stato fortunato, me lo dico da solo», ammette Patrik, che in patria – secondo l’autore dell’intervista – ha la reputazione di essere un presuntuoso, «e forse questo comportamento ha sfinito tutti i suoi allenatori». Un carattere difficile che sembra fare da scudo ad un animo fragile: «Ho sempre – racconta Schick – fatto tanti gol, ma quando non riuscivo a segnare mi mettevo a piangere». C’è anche un po’ di questa debolezza dietro il suo lento recupero, un pizzico di paura oltre al fatto che per far guarire il muscolo ha gravato sul tendine che si è infiammato e ora va rielasticizzato. Ieri ha fatto palestra (idem Peres, Palmieri e Luca Pellegrini erano con la Primavera) e oggi ritroverà Di Francesco, pronto al confronto sulle «chiacchiere da bar». L’obiettivo è la convocazione per il derby che bussano spesso al finestrino della Mercedes di Patrik per un selfie e «lui non è entusiasta, ma alla fine ride con loro», aspettando di rivederlo in campo.