Un girone e un colpo di tacco dopo, tutto un altro Pellegrini. Lorenzo, ovviamente, visto che Luca per ora è andato a Cagliari per scoprire l’effetto che fa giocare da titolare. Provate a tornare con la memoria alla vigilia del derby d’andata, ventinove settembre dello scorso anno. La Roma era reduce da un inizio di stagione sconcertante, il pareggio casalingo con l’Atalanta, le sconfitte a San Siro con il Milan e a Bologna, il pareggio con il Chievo, il brodino con il Frosinone prima di affrontare l’avvicinamento alla stracittadina.
In tutto questo, uno degli interrogativi più inquietanti riguardava proprio Pellegrini. Sospeso tra panchina e campo, con tanto di procuratore che tirava il sasso e nascondeva la mano. Il problema era che il ragazzo nella sua seconda stagione dopo il ritorno a casa, stava facendo una fatica del diavolo a mantenere le premesse e le promesse da centrocampista in grado di fare la differenze. Aveva disputato un precampionato con solo ombre che erano poi continuate nelle prime partite ufficiali nelle quali faceva fatica a ritagliarsi uno spazio da titolare.
Da panchinaro a protagonista Pure in quel derby del ventinove settembre scorso, il ragazzo di Cinecittà, romano e romanista come tutta la sua famiglia, si era accomodato in panchina. Di Francesco nel quattro-due-tre-uno con cui aveva deciso di affrontare il derby, aveva sistemato De Rossi e Nzonzi davanti alla linea difensiva, schierando nella linea dei tre trequartisti Florenzi ed El Shaarawy sulle fasce e Pastore al centro, sperando che l’argentino gli potesse garantire quella qualità necessaria per fare male alla Lazio. El Flaco, per la verità, non la stava giocando male quella partita, aveva anche sfiorato il gol, solo che non aveva fatto i conti con il suo polpaccio. (…)
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