A Trigoria c’è un’atmosfera nuova, molto diversa rispetto a prima dell’estate, quando c’erano i topolini nascosti nel magazzino della prima squadra e presunti nemici sparsi dappertutto. C’erano anche giocatori con il muso lungo, una linea di confine ben rimarcata tra titolari e riserve e quelli che andavano poco in campo si sentivano ai margini. Con Di Francesco tutto questo finora non succede. Il tecnico abruzzese gestisce lo spogliatoio con principi democratici, ha voluto due giocatori per ruolo e considera tutti sullo stesso piano. Ma gioca chi merita, chi dimostra di essere più bravo, chi non commette errori, chi riesce a dare qualcosa in più per aiutare la squadra.
RIVALUTATI – Con Di Francesco difficilmente un giocatore si sente tagliato fuori durante la settimana. Tutti hanno una chance di scendere in campo. Contro il Chelsea nella formazione iniziale c’erano solo due giocatori nuovi rispetto alla passata stagione: Gonalons e Kolarov. Per nove undicesimi erano gli stessi di un anno fa. Di Francesco ha riabilitato calciatori che erano etichettati riserve: Alisson, Bruno Peres, Juan Jesus, lo era diventato anche Perotti, per larghi tratti della stagione. Per non parlare di Gerson. Dopo aver giocato titolare a Torino contro la Juve il 17 dicembre il giovane brasiliano non si è più affacciato in prima squadra. Gerson era diventato un oggetto misterioso, ostaggio di un padre pasticcione e senza troppi scrupoli. La Roma a gennaio lo aveva ceduto al Lille, era fatto tutto, mancavano solo le visite mediche. Il padre fece saltare l’accordo prima della firma e da allora il ragazzo è stato penalizzato. In estate Di Francesco ha lavorato molto per farlo crescere. «Se non ti dai una svegliata ti marco anche io», gli disse il primo giorno di ritiro. Poi però ha preteso la sua conferma. La buona prestazione di Londra non resterà isolata. Bruno Peres fu retrocesso a riserva quando Spalletti passò decisamente alla linea a tre. Con Di Francesco ha imparato a fare le diagonali e a curare di più la fase difensiva. Alisson era partito sullo stesso piano con Szczesny, senza collezionare neppure una presenza in serie A. Juan Jesus era diventato la quarta scelta tra i difensori centrali, si ricorda la sua prestazione a San Siro contro l’Inter, quando fece l’esterno a sinistra. Perotti ha fatto tanta panchina senza spiegarsi il perché. Rimase male quando a Crotone Spalletti gli preferì Salah, rientrato due giorni prima da un mese di impegni in Coppa d’Africa. L’argentino si riscattò alla grande quando, all’ultimo minuto dell’ultima giornata, ha realizzato il gol che ha permesso alla Roma di andare in Champions senza fare i preliminari.
ASCOLTA E DECIDE – Di Francesco ascolta molto il parere dei giocatori, ma poi decide di testa sua. Non tollera i ritardi, la maleducazione (obbliga i calciatori a salutare i tifosi al termine di ogni partita) e chiede il massimo in ogni allenamento. Chi sbaglia paga con l’esclusione (è capitato con Gonalons contro il Qarabag, a Ünder a Benevento, stava per accadere lo stesso mercoledì a Londra con Bruno Peres), ma Di Francesco non abbandona nessuno. E anche i suoi collaboratori fanno da collante con i giocatori. Il prossimo che recupererà sarà Moreno e intanto continuerà a gestire Strootman, con il quale spesso ha scambi di opinione sui movimenti da fare in campo. E’ successo anche a Londra. Quando saranno pronti Schick e Karsdorp aumenterà il turn over e nessuno potrà sentirsi escluso. Perchè sono tutti titolari e riserve al tempo stesso.