Il Derby non finisce proprio mai. Specie sulle radio, croce e delizia del tifoso capitolino. Su quelle biancocelesti, rullo di notizie e commenti h24 sugli Inzaghi’s boys, ecco l’ultima rivendicazione della Lazio: «Il marchio S.P.Q.R. non è solo della Roma». A puntare il dito, riferendosi alla sigla stampata sul petto dei giallorossi a mo’ di sponsor durante l’ultima stracittadina, non è però un tifoso in vena di sfottò. A investire il Campidoglio della responsabilità di decidere la disfida pallonara è Arturo Diaconale, direttore della comunicazione del club di Lotito. Insomma, la richiesta (che a Trigoria sarà stata vissuta come un’entrataccia a gamba tesa) è ufficiale.
«Non so se l’utilizzo sia stato autorizzato dal Comune e sia consentito a tutti — ha esordito sulle frequenze di Lazio Style Radio il manager laziale — e sono curioso di sapere se c’è stata un’autorizzazione. La città si identifica con tutte e due le squadre — la conclusione riprende un topos tipico della curva Nord — quella più antica che ha portato il calcio a Roma». La storia diventa brand da spendere sul mercato. E chi ha vinto il confronto sul manto verde dell’Olimpico ora vuole fare all in. «Anche la Lazio può scendere in campo con S.P.Q.R. identificando con l’aquila l’appartenenza alla città. Utilizzare in modo libero S.P.Q.R. quanto meno è uno spreco». Ecco l’ultima spallata di Diaconale ai cugini, che chiede lumi al Comune. Come Alessandro Onorato: il consigliere della Lista Marchini presenterà un’interrogazione. Anche se la risposta sembra scontata: come si legge nello statuto del Comune, l’unico logo registrato è lo scudo porpora con il marchio S.P.Q.R.. Il solo utilizzo delle quattro lettere dovrebbe quindi essere libero.