C’è tutto quello di cui un calciatore ha bisogno: l’ambiente familiare, l’allenatore giusto, una maglia da titolare a disposizione, il talento. Eppure nella Roma, fatica. In Nazionale, stesso discorso, più o meno. Eppure a Lorenzo Pellegrini manca sempre qualcosa per esplodere definitivamente. Esplosione, per altro, avvenuta nel biennio al Sassuolo (2015/2017), per tornare poi a Roma con sulle spalle 54 presenze, coppe comprese, 11 reti e 8 assist. Numeri che ne hanno fatto “una delle migliori mezz’ali d’Italia”. E le premesse c’erano anche prima, da quando Rudi Garcia decise di farlo esordire a Cesena nel marzo del 2015. Si intravedeva la stoffa e, appunto, il talento: la predisposizione all’inserimento, al gol. Eppure l’esplosione definitiva, la consacrazione in una big, ancora deve arrivare. E non si capisce il perché, visto che – in teoria – ha tutto per mantenere quelle ambiziose aspettative. Ma qualcosa non va. Nemmeno in Nazionale. Mancini crede in lui, così come Di Francesco. Lorenzo si sgonfia e fa spazio ad altri: quarantacinque minuti in tre partite con la maglia della Roma, quarantacinque a Bologna contro la Polonia. Entra, sparisce in campo e poi sparisce dal campo. Un continuo essere rimandato. In azzurro il ct lo aveva addirittura preferito al suo compagno anche nella Roma, Cristante (finito in tribuna). Eppure niente. Se il Manchester, e in precedenza la Juve, gli avevano messo gli occhi addosso, forse quel talento esiste davvero in lui. Allora va solo tirato fuori.
Ma il futuro non aspetta e Lorenzo rischia di saltare la prossima della Nazionale con il Portogallo e nella Roma non è diventato un titolare nemmeno dopo la partenza di Strootman. Ha 22 anni e ora non è più un bambino: 77 presenze (in campionato) tra Sassuolo e Roma (93 in totale, comprese le coppe) non sono poche. La fiducia di una allenatore dura solo 45 minuti? E il talento di Lorenzo è solo a metà? Non pensiamo sia così, però notiamo come Di Francesco l’anno scorso lo abbia sostituito spesso, Mancini lo toglie dal campo alle prime difficoltà (cosa che non ha fatto con Balotelli). Eusebio solo sette volte su trentasei presenze in campionato gli ha regalato 90 minuti, sedici volte è stato cambiato. Un percorso faticoso, giustificabile dal fatto che Di Francesco lo conosce bene e sa come prenderlo. In Nazionale è diverso: se si continua con queste prestazioni, si rischia di restare fuori. L’occasione Mancini gliel’ha concesso venerdì, domani difficilmente lo vedremo in campo a Lisbona. Si consolerà con la Roma. Che aspetta il Chievo, con un Di Francesco sempre più orientato a tornare al 4-3-3. E servono le mezz’ali. Ecco, Pellegrini, una delle mezze ali più forti in Italia, si andava dicendo. Ormai un bel po’ di tempo fa. Aspettiamo ancora, forse ne varrà la pena.