Sono cambiati i tempi, sono cambiati i ruoli, ognuno dei due ha preso una strada diversa sulla scenas portiva, ma quando te li ritrovi davanti insieme, uno accanto all’altro al Gran gala dell’Associazione calciatori, è un film indimenticabile del nostro calcio che ti scorre davanti agli occhi, alimentando ricordi e suggestioni: Francesco Totti e Andrea Pirlo, senza aggettivi, parla la storia. È facile in questi casi cadere nella retorica e scrivere parole inutili, di fronte a due personaggi così diversi tra loro e così ingombranti, protagonisti di un’epoca che insieme alle loro prodezze sul campo e alla classe tante volte rimpianta, ha regalato all’Italia la cima al mondo in quella avventura tedesca del 2006, fino al trionfo di Berlino contro una Francia scorbutica e spigolosa.
Chi ha avuto la fortuna di condividere con loro quelle emozioni sul campo, ancora oggi non può fare a meno di emozionarsi, rispolverando magari anche qualche boccone indigesto, mandato giù per la proverbiale serenità della squadra, in questo caso la Nazionale. Taciturno, introverso ma non triste AndreaPirlo; generoso, spavaldo al limite dell’incoscienza Francesco Totti, capace di battute fulminanti ma sempre bonarie. E capace soprattutto – come ricorda lui stesso nella recente autobiografia – di avere la faccia tosta per chiedermi 100 (cento) biglietti della finale dei Campionati del Mondo, 48 ore prima della partita. Ma la “missione”di Pirlo e di Totti non è finita: fra tanti premi, quello dell’Associazione italiana calciatori ha un peso diverso, certamente più faticoso.Da Pellegrini a Zaniolo, da Tonali a Barella, da Cutrone a Kean è sulle spalle di questi ragazzi l’eredità di due mostri sacri del calcio mondiale. E passa dalla loro capacità di ispirarsi a due esempi così impegnativi anche il destino ravvicinato della nostraNazionale: il resto tocca a Mancini.