La magia di Dzeko, l’impatto devastante di Kluivert, la sicurezza di Manolas ma anche la giornata no di Pastore. Torino-Roma ha regalato sorrisi ma anche motivi di riflessione. In primis sull’argentino. «Poteva fare meglio, deve ritrovare qualità. Ha bisogno di continuità, così da favorire il palleggio» le prime riflessioni (non banali) nel post-gara di Di Francesco. Il tecnico, con poche parole, centra il problema: qualità e continuità. Due caratteristiche che Pastore, nell’ultimo biennio altalenante a Parigi, ha smarrito ma che può/deve ritrovare, visto che appartengono al suo bagaglio tecnico, tanto da indurre Monchi quest’estate a preferirlo a Zyiech. Eusebio martedì lo ha preso da parte e ci ha parlato. Un colloquio franco, volto a rasserenarlo perché quando sei un calciatore del valore dell’argentino, sei il primo a renderti conto se le cose non vanno. Pastore è venuto alla Roma per regalarle imprevedibilità e qualità. Quella che a Torino – ma anche nelle amichevoli estive – s’è vista con difficoltà. Con una differenza: se nell’International Champions Cup, l’ex Psg sembrava attento a rispettare i dettami tattici consegnategli, a Torino è andato dove ha voluto, cercandosi la posizione che alla fine non ha mai trovato. Né come mezzala, tantomeno come esterno offensivo. I numeri non sempre fotografano la partita di un calciatore ma a volte, come in questo caso, aiutano a spiegarla. Contro i granata Pastore ha pro- dotto poco gioco. E sul suo conto ci sono un paio di voci che fanno riflettere: dei 10 duelli avuti in partita, l’argentino ne ha persi 9. E poi: appena due palloni recuperati e 14 persi. Obiezione lecita: quello non è il suo compito in campo. Vero. Andiamo allora ad analizzare il dato dei palloni giocati: sono stati appena 42, con 33 passaggi effettuati. Pochi, troppo pochi per un calciatore della sua straordinaria qualità. Per intenderci: Florenzi ne ha giocati 101, Fazio 63, De Rossi 71, Strootman 52, anche Manolas ven- ti in più (61). E per non limitarci alla Roma, Brozovic in Sassuolo-Inter ne ha toccati 133 con 108 passaggi (dati Opta). Praticamente il triplo. Indice che l’argentino ancora non è entrato nel gioco della squadra. I motivi sono molteplici (tattici e non) ma il primo appare evidente ad occhio nudo: la tenuta atletica. Pastore è in ritardo. Forse non era più abituato ai carichi di lavoro ‘italiani’ ma a Torino è sembrato andare a ritmo ridotto. Tra l’altro condizionando una mediana che con De Rossi e Strootman già viaggia di per sé su cadenze abbastanza lente. Soltanto con l’ingresso di Cristante (e quello auspicabile di Pellegrini nelle prossime partite) il centrocampo potrebbe acquistare in dinamismo.
VOGLIA DI RIVALSA – Sono intanto bastati 90 minuti per aprire dibattiti tattici: non può fare la mezzala, meglio nel 4-2-3-1, perfetto nel 4-3-1-2, perché non schierarlo stabilmente alto nel tridente. Opinioni rispettabili ma bisogna prendere atto che Di Francesco la pensa diversamente. Di partenza la Roma gioca con il 4-3-3, poi mutabile a gara in corso o a seconda degli avversari. Dunque, Pastore deve trovare spazio nel 4-3-3. Ci vorrà pazienza, anche perché la Roma dall’addio di Pjanic non era più abituata ad avere un calciatore di quel tipo in mediana. Ma discutere l’argentino, appare quantomeno prematuro. E risibile, per un ragazzo che in carriera ha segnato 69 gol e dispensato 84 assist in 330 gare disputate.