Quando giochi contro i più forti non devi sbagliare nulla e devi avere un po’ di fortuna. Alla Roma contro il Barcellona, nonostante una partita coraggiosa, non è successa né una cosa né l’altra. Il 4-1 subìto al Camp Nou chiude in pratica una Champions che merita comunque un voto alto e non solo per gli 81 milioni di euro che entrano nelle casse del club. Il risultato finale è il riassunto della superiorità tecnica del Barça, ma anche di una serata storta a partire dall’arbitraggio. Due dei quattro colpi blaugrana sono venuti da autogol e l’ultimo, quello che ha spento il ritorno di martedì prossimo, è stato peggio di un’autorete. L’errore di Gonalons è da ritiro immediato di maglia e scarpini, con pensionamento coatto. Due sono i rigori che potevano essere concessi e sono rimasti nel fischietto di un arbitro impaurito dal Camp Nou. Secco il commento di Di Francesco: «Il Barcellona è già più forte, non ha bisogno dei aiuti. Invece è stato avvantaggiato sia dall’arbitro che da noi». Fa differenza perdere 4-1 o 3-1? Forse poca, ma la Roma meritava di portare all’Olimpico una piccola fiammella, anche perché era riuscita a segnare il 3-1 con Dzeko (quinto gol in Champions) e invece è arrivata un’ulteriore mazzata dopo quella delle assenze di Nainggolan e Cengiz, le due armi più affilate per le ripartenze. Il Ninja, infatti, non ha superato il provino e va in tribuna: giocano Pellegrini e Bruno Peres, con Florenzi spostato «alto». Sorprendentemente, il migliore dei tre sarà il brasiliano. Valverde rinuncia sia a Dembélé che a Paulinho e punta sul doppio terzino sulla fascia destra (Semedo e Sergi Roberto) per limitare Kolarov.
Il primo tempo della Roma è di grande applicazione tattica. È vero che il Barcellona colpisce un palo con Rakitic, che Messi resta una fonte di pericolo e che Alisson si deve distendere su un diagonale di Suarez, ma anche i giallorossi creano occasioni. L’arbitro olandese Makkelie chiude gli occhi su un contatto in area tra Semedo e Dzeko, al 9’, che poteva tranquillamente essere calcio di rigore. Vede fuori dall’area anche l’aggancio di Umtiti a Pellegrini (41’) che sarebbe stato un caso tipico da Var.La differenza, così, la fa un episodio. Pellegrini perde palla in uscita e Iniesta verticalizza per Messi: la palla è così pericolosa che De Rossi, fin lì attento, si butta a corpo morto e devia nell’angolo più lontano da Alisson. Nella ripresa il copione si ripete crudelmente. Perotti si mangia un gol di testa dopo pochi secondi e una carambola assurda (Manolas, palo, Umtiti, ancora Manolas) causa il 2-0. La Roma è scossa, subisce il 3-0 con Piqué che chiude l’azione da centravanti, per dimostrare che il calcio del Barça è un’altra cosa. I giallorossi, però, sono bravi a non crollare e l’ingresso di El Shaarawy è positivo, con un assist per Defrel (su errore di Ter Stegen) che il francese poteva sfruttare meglio. Il gol di Dzeko, su iniziativa di Perotti, è il giusto premio, ma la partita non è finita. Ci pensa l’harakiri di Gonalons a confezionare il 7-1 con cui la nobiltà di Spagna, Barça e Real, manda il nostro calcio ancora una volta dietro alla lavagna.