Champions League 2017-2018, la Roma è ai quarti di finale. Un traguardo importante, incastonato all’interno di un percorso di crescita in essere. Eppure, quando si parla dei giallorossi in qualche sede pubblica o privata, si ripete spesso una frase: “Se smonti e rimonti ogni anno, se cedi sempre i pezzi migliori, non arrivi mai a dama”. Chiariamo subito, se per arrivare a dama si intende la vittoria di un trofeo, la tesi può avere i suoi fondamenti di verità. Non ci sono dubbi. Ma il calcio non è fatto esclusivamente di successi materiali, anche perché alla fine della fiera ne vince sempre una e da sette anni a questa parte quella squadra è sempre la Juventus (almeno in Italia). Mentre in Europa dominano i top club come Barcellona, Real Madrid, Chelsea e Bayern Monaco. Il calcio è fatto anche di risultati, di step superati, di obiettivi minimi o massimi da raggiungere per poi guardare avanti e andare oltre. Per vincere, insomma, non ci si improvvisa dall’oggi al domani. Bisogna arrivarci attraverso una programmazione specifica, costruendo dal basso per poi arrivare in alto. Questo sta facendo la Roma dal 2011-2012, da quando la proprietà americana ha rilevato il club. Ogni anno, ogni
stagione, la squadra giallorossa ha fatto sempre un passo in avanti rispetto all’anno precedente. Si fa riferimento a risultati sportivi, non economici, pur senza titoli messi in bacheca. La gestione a stelle e strisce parte nell’agosto 2011 con l’acquisto di tanti calciatori giovani più l’ingaggio di un allenatore rampante come Luis Enrique. Settimo posto in classifica in campionato (56 punti), con l’Europa League salutata ai preliminari con lo Slovan Bratislava. Non ci si qualifica alle coppe europee, nemmeno attraverso la Coppa Italia. Però si tratta di una sorta di anno zero. Il parco giocatori è rinnovato per trequarti e il processo di ricostruzione è appena all’inizio. La rosa viene allestita in prossimità del gong del calciomercato con tempistiche e margini di manovra assai ridotti in seguito alla complessa trattativa per il passaggio di proprietà. Nel 2012-2013 si parte con una nuova guida tecnica: lascia Luis Enrique, entra Zdenek Zeman che poi verrà sostituito a gennaio da Aurelio
Andreazzoli. La presidenza, da Thomas DiBenedetto, diventa ufficialmente di James Pallotta il
27 agosto 2012. Si registra già un primo miglioramento: sesto posto in Serie A con 62 punti e una finale di Coppa Italia ottenuta, ma poi persa con la Lazio. Quest’ultima, un’enorme delusione, tra le peggiori di sempre. Ma pur sempre una finale disputata. Che piaccia o no, un risultato (quasi) ottenuto. Tuttavia, l’amarezza per il titolo lasciato ai corregionali spinge la proprietà a fare diverse valutazioni sul mercato e a puntare su uomini di personalità e temperamento, pronti a dare da subito un’impronta diversa al cammino. In panchina avviene un ulteriore avvicendamento, arriva il francese Rudi Garcia. La Roma parte in quarta e fa dieci vittorie consecutive in campionato dall’inizio, stabilendo un record per la Serie A. A fine torneo arriva a 85 lunghezze, stabilendo il primato societario nell’era dei tre punti. Secondo punteggio d’Italia dietro alla Juventus di Conte dei 102. Si torna in Champions League dopo tre anni dall’ultima volta. La partecipazione alla massima competizione europea aumenta gli introiti e permette una maggiore mobilità sul mercato. Garcia resta al timone di una rosa rinforzata nonostante la cessione del difensore Mehdi Benatia al Bayern Monaco. In campionato viene confermato il secondo posto con una quota più bassa dell’anno prima (70 e non 85), ma rispetto al passato vengono pure affrontate Champions League (fino ai gironi) e
Europa League (terminata agli ottavi con la Fiorentina). Nel 2015-2016 la Roma ha tra le proprie fila tantissimi calciatori di qualità: Szczesny in porta, Rudiger e Manolas difensori centrali, Florenzi terzino destro, Digne terzino sinistro, Keita, Pjanic, Nainggolan, De Rossi, Vainqueur, Strootman a centrocampo, Dzeko, Salah, Perotti, El Shaarawy, Iago Falque in attacco. Garcia è il tecnico, ma a gennaio subentra Spalletti per affrontare l’intero girone di ritorno. L’ex Lille paga un rendimento non in linea con le attese e l’eliminazione in Coppa Italia ad opera dello Spezia (club di Serie B). Il terzo posto in campionato porta ai preliminari di Champions League, mentre in Champions i giallorossi superano il raggruppamento uscendo poi agli ottavi di finale con il Real Madrid. In Europa, dunque, si sale un gradino. Il miglioramento è tangibile anche nel 2016-2017. In campionato torna il secondo posto con il record di punti dal 1927, 87. Nelle coppe si esce ai preliminari di Champions, in Europa
League vince il girone e poi esce agli ottavi con il Lione. Infine, annata 2017-2018. La Roma è allenata da Eusebio Di Francesco e a stagione in corso si può già tracciare una linea. Terzo posto in classifica in campionato, ai quarti di finale di Champions League. Se in Serie A si può registrare un passo indietro (in attesa del verdetto alla trentottesima giornata), in Europa ne sono stati fatti tanti più avanti tornando tra le prime otto del continente dopo dieci anni. Inoltre, se riuscisse a chiudere ancora sul podio, sarebbe un primato in novantuno anni di storia, trattandosi del quinto anno consecutivo (peraltro, con tre allenatori diversi; dal 1980 al 1984 c’era stato solo Liedholm). Il gol di Dzeko allo Shakhtar, che ha significato qualificazione, è stato il numero 500 della gestione Pallotta, proprio nel giorno del sessantesimo compleanno del presidente. Dunque, è un fatto: la Roma migliora e si migliora anno dopo anno. Cresce, strutturandosi continuamente come società e come squadra. Cercando di restare ai vertici per tanto tempo. Che il piazzamento non sia solo un fatto episodico alla Leicester di Ranieri, ma un’abitudine. Riuscendoci attraverso una precisa strategia aziendale. Comprando giocatori e rivendendone altri senza mai rinunciare ad alzare il livello di competitività della squadra. Come fanno tutti i club del pianeta, non solo quello con sede a Piazzale Dino Viola 1. Monchi lo ha ripetuto in più di un’occasione: “Comprare a prezzi bassi e poi rivendere a costi più alti,
permette al club di vivere al di sopra delle proprie possibilità”. Così ha fatto (e vinto) a Siviglia. Il piano è quello di una qualsiasi società ambiziosa: avere un equilibrio economico e vincere. Lo disse pure Pallotta all’inizio della sua avventura in una dichiarazione del 2012 a SkySport. “Quando 9 anni fa con gli altri soci ho comprato i Celtics l’obiettivo era vincere un titolo entro i primi 5 anni e ci siamo riusciti. Con la Roma vorrei fare la stessa cosa e riportare la squadra al livello che le compete”. Si trattò di un normale auspicio e non di un proclama solenne come viene attribuito oggi al manager bostoniano. Conforta costatare – ad esempio – che il distacco dalla Juventus in campionato è via via diminuito: 32 punti di ritardo nel 2011- 2012, poi 28 nel 2012-13, 17 nel 2013-14 e 2014-15, 11 nel 2015-2016 e 4 nel 2016-17. Probabilmente a maggio il margine aumenterà di nuovo, ma tant’è. I quarti di finale conquistati fanno tutta la differenza del mondo. Il percorso per arrivare alle vittorie sembra a
buon punto. Così come la strada per il nuovo stadio della Roma a Tor Di Valle. Verso la svolta epocale.
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