Se Marco Domenichini è da sempre il secondo ideale di Luciano Spalletti che “non cambierei nemmeno con Carlo Ancelotti”, lo stesso si può dire del rapporto lavorativo tra Italo Galbiati e Fabio Capello. Galbiati – 80 anni ad agosto, un passato da giocatore dell’Inter alla fine degli Anni 50 e un lungo percorso da allenatore nello staff del Milan – è stato per anni il vice fidato del tecnico di Pieris, quello a cui “Don Fabio” avrebbe affidato pure le chiavi di casa. Milan, Real Madrid, Roma, Juventus, ancora Real Madrid, nazionale inglese, nazionale russa. Lo ha seguito ovunque. “Abbiamo vinto scudetti ovunque”, racconta oggi Galbiati con un pizzico di orgoglio.
Nel marzo 2004 andaste a Villarreal per un ottavo di finale di Coppa UEFA in una giornata particolare per il mondo intero, dopo gli attacchi terroristici di Madrid. Ricorda? “Sono passati molti anni, però ammetto che quella serata fu particolare. Sugli spalti si respirava un’aria strana, tuttavia la squadra preferì isolarsi per preparare al meglio quella partita che comunque venne giocata. Peccato che vinsero gli spagnoli…”.
Quali sono le insidie a livello ambientale nel loro stadio? “Il calore dei tifosi è l’aspetto che temo di più per la Roma in questa nuova occasione. La spinta del pubblico dei gialloblù fa cambiare pelle alla squadra in campo. È un ambiente infuocato. Una volta lo stadio si chiamava “El Madrigal”, da un mesetto è diventato “Estadio de la Ceramica”. Ma la sostanza non cambia, la Roma dovrà fare molta attenzione e non prendere l’impegno sotto gamba”.
Roma, la Roma, che hanno rappresentato per la sua vita? “Cinque anni bellissimi dove vincemmo un campionato e una Supercoppa italiana. Potevamo anche fare di più, ma fu comunque un ottimo risultato. Avevamo una squadra fortissima con campioni in tutti i reparti. Da Aldair in difesa a Batistuta in attacco. Non solo grandi calciatori, ma pure grandi uomini”.
E Totti? “Francesco è un fenomeno, un campione. Ancora gioca e ancora gioca bene. Ha sempre lavorato duramente, da professionista. Era il capitano, ma non ha mai chiesto trattamenti diversi. Si metteva a disposizione del gruppo e dello staff. Fu tra i calciatori della rosa dello scudetto che ci fece fare il salto di qualità”.
Tutto bello, ma nemmeno una nota stonata? “Beh, diciamo che nella gestione di un gruppo con tante personalità di spicco, qualche “musino” di chi gioca meno esce fuori per forza di cose. Ma Capello su questo non ammetteva eccezioni. Chi non lavorava seriamente andava fuori dalle palle… Scusi l’espressione, ma era per rafforzare il concetto”.
Prego, dà il senso. A proposito, nel lavoro quotidiano con Capello di cosa si occupava? “Lo supportavo in tutto quello che serviva per l’allenamento o la partita. Ci riunivamo la mattina prima di scendere in campo per la seduta e con lui organizzavamo il programma di lavoro. Abbiamo lavorato fianco a fianco per anni, ci siamo sempre capiti al volo”.
Da tecnico che giudizio si è fatto di Spalletti? “Spalletti ha cambiato la mentalità alla Roma. È un grande allenatore e i risultati si vedono in campo”.
Vi accomuna un’esperienza in Russia: lei con Capello in nazionale russa e Spalletti allo Zenit… “Per noi quella in Russia è stata una parentesi fredda. Non solo dal punto di vista ambientale, ma anche di rapporti. Non parlando la lingua non riesci a entrare nella mente dei giocatori fino in fondo. E poi non c’erano campioni. Ottimi giocatori, sì, ma nessun talento particolare”.
Ma di campioni lei ne ha visti parecchi in carriera… “Cito quelli che mi vengono in mente. Van Basten, Gullit, Maldini e Baresi nel Milan. Totti, Batistuta, Emerson, Montella, Tommasi, Aldair nella Roma. Al Real Madrid, in momenti diversi, Raul, Seedorf, Mijatovic, Roberto Carlos, Van Nistelrooy… Devo continuare?”.
Racconti della Juve e del trasferimento di Capello… “Fu molto veloce e inaspettato. Fabio decise di firmare, ma io – come gli altri – seppi di questo passaggio solo alla fine, quando tutto era stato già fatto. Prese questa decisione da solo, noi come staff lo seguimmo come sempre avevamo fatto. Evidentemente non c’erano più i presupposti per continuare nella Roma. Vincemmo due campionati totalizzando un mare di punti, ma poi quei titoli ci vennero revocati per lo scandalo di Calciopoli”.